Alexej von Jawlenskyad Ascona“… i tre anni più interessanti della mia vita…” 23 aprile – 1 agosto 2023 Museo d’arte della Svizzera italiana, Lugano Sede LAC A cura di Cristina Sonderegge Il MASI Lugano presenta “Alexej von Jawlensky ad Ascona, … i tre anni più interessanti della mia vita…”. Attraverso un nucleo di oltre venti dipinti eccezionali provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, l’esposizione ripercorre gli anni trascorsi dall’artista russo Alexej von Jawlensky in Ticino. Concepito come approfondimento tematico all’interno della mostra permanente sulle collezioni del MASI “Sentimento e osservazione”, il focus dedicato a questo importante protagonista dell’arte moderna intende contribuire alla lettura di uno dei periodi fondamentali della storia artistica del Cantone. Tra i fondatori della Neue Künstlervereinigung München e membro del Blaue Reiter, Alexej von Jawlensky (Toržok, 1864 – Wiesbaden, 1941) allo scoppio della Prima guerra mondiale lascia precipitosamente la Germania per giungere ad Ascona, dopo aver soggiornato a Saint-Prex e Zurigo. Il periodo trascorso nella cittadina ticinese dal 1918 al 1921 rimane fondamentale nel suo percorso artistico: sulle rive del Verbano si consolida il suo linguaggio pittorico personale, in cui le accese cromie e le linee marcate dell’espressionismo si coniugano con le forme semplificate e le trasparenze cromatiche dell’astrazione. Queste ricerche segneranno in maniera duratura la sua opera; ormai lontane dall’esperienza degli anni di Monaco e influenzate dal difficile periodo storico e umano, sono contraddistinte dalla produzione in serie, a cui l’artista lavora parallelamente, muovendosi con estrema libertà da un tema all’altro. Dal percorso espositivo emerge il carattere ed il più intimo sviluppo del lavoro dell’artista, che sposta progressivamente l’attenzione dalla natura alla raffigurazione, in chiave fortemente mistica, del volto umano e del volto di Cristo. Ma il senso compiuto dell’opera, più che nella contemplazione del singolo dipinto, si svela nella sua percezione seriale, che la proietta in una condizione di costante divenire fino a quando il filone non si esaurisce. Col tempo, le variazioni dello stesso soggetto si fanno sempre meno evidenti e l’atto del dipingere volge sempre più verso un esercizio concentrato e meditativo. Questo procedere per “serie aperte” è particolarmente unico ed innovativo nell’arte moderna e fa di Jawlensky un precursore in questo ambito. Alexej von Jawlensky, Variazione: Sorgere del sole, 1918. Olio su carta a struttura di lino montata su cartone Collezione privata Il percorso della mostra Le ricerche e gli esiti raggiunti durante il soggiorno ad Ascona sono messi in luce, in mostra, anche attraverso opere realizzate in precedenza e successivamente al soggiorno in Ticino dell’artista. In Natura morta con caffettiera gialla e teiera bianca, 1908 e Testa di donna, 1913 con cui si apre il percorso espositivo, è ancora la forza espressiva e una palette cromatica accesa a dominare, che Jawlensky abbandona a favore di colori più tenui e diluiti una volta arrivato in Svizzera. Le condizioni esistenziali e la innere Notwendigkeit (necessità interiore), come viene definita dall’amico Kandinsky, erano infatti totalmente mutate. Costretto a lavorare su un tavolo e senza un atelier, l’artista abbandona la tela a favore di un formato più piccolo e agile e di un materiale più economico come la carta. Ma ciò che consegue all’esilio in Svizzera è la scelta di articolare il proprio lavoro in serie, ponendo completamente in secondo piano l’unicità del soggetto. Unicamente durante il periodo trascorso ad Ascona, a partire dal 1918 Jawlensky porta infatti avanti in parallelo quattro serie: le Variazioni, le Teste Mistiche, i Volti del Salvatore e le Teste Astratte. L’inizio del lavoro in serie Prende spunto dal paesaggio osservato dalla finestra nella casa a Saint-Prex, prima tappa svizzera dell’artista, la serie “Variation über ein landschaftliches Thema” (Variazione su un tema paesaggistico), di cui in mostra è esposto anche il primo dipinto “matrice”, realizzato nel 1914. Se all’inizio il soggetto è riconducibile al dato naturale osservato, progressivamente questo va a dissolversi nella forma e nel colore. Come emerge anche dalle Variazioni degli anni successivi, presentate nella mostra al MASI, il processo di stilizzazione e sintesi formale non comporta mai, per Jawlensky, un’emancipazione completa dal dato reale. Sono, queste, opere che l’artista definisce Lieder ohne Worte (canzoni senza parole) e che verranno portate avanti anche dopo la partenza da Saint-Prex, fino al 1921, quando l’artista chiude definitivamente la serie. “Per alcuni anni dipinsi queste Variazioni e poi mi fu necessario trovare una forma per il volto poiché avevo compreso che la grande arte doveva essere dipinta unicamente con un sentimento religioso. E questo lo potevo trasmettere solo al volto umano. Avevo capito che l’artista deve dire nella sua arte, tramite forme e colori, ciò che è divino in lui”, scrive Jawlensky. Nelle Teste Mistiche, iniziate a Zurigo nel 1917, seconda tappa Svizzera dell’artista, sono ritratti volti femminili stilizzati, con collo e spalle. Pur ispirati a tratti di persone reali, i visi sono generalmente il frutto di una ricerca dell’essenzialità, che ben presto aspira a diventare forma universale e iconica del volto, priva di ogni individualità. Sempre a Zurigo l’artista avvia la serie dei Volti del Salvatore. Si tratta di volti dai tratti asessuati, inizialmente con occhi anche aperti, col tempo sempre più chiusi, le cui sembianze vanno a confondersi. Ma l’esito più innovativo delle ricerche portate avanti ad Ascona rimane la sintesi geometrica e le armonie cromatiche raggiunte nelle Teste Astratte, dette anche Teste Costruttiviste, di cui in mostra è esposta, insieme ad alcuni esempi degli anni Venti, anche la Uhrform, la forma primordiale del 1918. La geometrizzazione del volto raggiunge qui il suo apice, tutto si semplifica ulteriormente, le zone di colore si espandono, le linee diventano ancor più essenziali accentuando così l’articolazione della composizione. Siamo molto lontani dai ritratti realizzati nel periodo precedente alla Prima guerra mondiale e molto vicini a composizioni di pura forma e colore o, come suggerito da Jawlensky, “di insiemi composti da linee che verso il basso si chiudono, verso l’alto si aprono e al centro si incontrano”. Alexej von Jawlensky, L’Oytal nei pressi di Oberstdorf, 1912. Olio su cartone Hamburger Kunsthalle, acquistato nel 1949 © Hamburger Kunsthalle / bpk. Foto: Elke Walford “Sentimento e Osservazione. Arte in Ticino 1850-1950” La mostra sull’artista Alexej von Jawlensky è concepita come un approfondimento tematico all’interno della presentazione delle collezioni del MASI. La personale dell’artista russo si configura quindi come un tassello di una più ampia panoramica sulla recente storia delle arti visive in Ticino, storia che dal XIX secolo non è improntata solamente dalla comunità artistica regionale, ma anche dagli artisti e collezionisti che hanno scelto questo territorio come patria d’adozione. Attraverso una selezione di opere afferenti ai principali movimenti artistici dell’Ottocento e del Novecento- dal tardo Romanticismo all’Espressionismo degli anni venti- la mostra “Sentimento e Osservazione” offre una visione di come l’arte in Ticino si sia dinamicamente evoluta nel suo contesto culturale specifico, mostrando le influenze, provenienti da sud e dal nord, che nel tempo sono confluite nella regione. |
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