Spartan Race

Spartan Race, la nuova frontiera dello sport

Anche se mancate della più piccola propensione allo sport e il solo modo in cui allenate il bicipite è sollevando la birra dal bracciolo della poltrona, potreste già aver sentito parlare di Spartan Race. Nata negli Stati Uniti e prontamente esportata in Canada, Corea del Sud, Australia e buona parte d’Europa, rappresenta un’originale variante della corsa a ostacoli.

Una caratteristica fondamentale la distingue dalla concorrenza: Spartan Race non fornisce ai partecipanti alcuna mappa del percorso o lista degli ostacoli presenti, il motto della corsa è “You’ll know at the finish line” (lo saprai solo al traguardo). Gli ostacoli che costellano il tragitto sono a dir poco imprevedibili: i partecipanti devono mettere in conto la possibilità di trovarsi a saltare sopra le fiamme, strisciare nel fango sotto al filo spinato, arrampicarsi su pareti scivolose, lanciare giavellotti contro un bersaglio, trasportare blocchi di cemento o sacchi di sabbia, superare specchi d’acqua utilizzando corde appese agli alberi e così via.

Esistono quattro tipi di Spartan Race, studiati per andare incontro alle esigenze di una vasta gamma di atleti. La “Spartan Sprint” è una sorta di trampolino di lancio: il percorso, lungo circa cinque chilometri e dotato di una quindicina di ostacoli, è generalmente destinato ai principianti. Nella “Spartan Super” si corre per almeno tredici chilometri e gli ostacoli da superare diventano una ventina. Questo secondo livello è considerato ideale per mettere alla prova resistenza fisica e psicologica, fino al superamento dei propri limiti. La “Spartan Beast” rappresenta l’ultimo livello: il percorso si snoda per una ventina di chilometri e sono previsti circa venticinque ostacoli. Esiste persino “Spartan Junion”, la versione dedicata ai bambini dai 4 ai 13 anni, con un tragitto che può arrivare fino a due chilometri e mezzo e contenere dai dieci ai venti ostacoli. Il sito ufficiale della corsa lo descrive come un modo per indirizzare anche i più piccoli verso uno stile di vita salutare, e raccomanda di cogliere al volo l’opportunità di “crescere un piccolo Spartan”.

La prima Spartan Race si svolse nel 2010 tra le magnifiche montagne del Vermont. I cinquecento concorrenti non avevano la minima idea di quello a cui stavano andando incontro: le scarse istruzioni ricevute li avvertivano solo del fatto che avrebbero dovuto correre, strisciare e saltare per raggiungere il traguardo.
Nel giro di pochi anni, la fama della competizione è cresciuta in modo esponenziale: nel 2012 la Spartan Race è stata eletta “migliore corsa ad ostacoli” dal magazine Outside, all’inizio del 2013 Reebok è diventato lo sponsor ufficiale delle gare e pochi mesi più tardi ha annunciato di essere entrata in società con il canale NBC Sports.
Nel 2014 il creatore di Spartan Race, Joe De Sena, ha pubblicato un libro dal titolo “Spartan Up!”, concepito dall’autore come una guida per superare gli ostacoli e raggiungere i propri obiettivi anche nella vita. Spartan Race, infatti, è stata concepita come un vero e proprio mantra, in grado di aiutare a oltrepassare limiti anche psicologici.

Il numero dei partecipanti cresce continuamente e aderiscono atleti provenienti da tutto il mondo. L’ultima gara si è svolta lo scorso 25 aprile ad Orte e ha raccolto circa 4000 concorrenti. Il prossimo appuntamento è fissato per il 13 giugno 2015 a Milano: se l’idea di vi stuzzica, ma alla seconda rampa di scale dovete ricorrere ad una spruzzata di Ventolin, sappiate che probabilmente correre a tirare fuori dallo sgabuzzino il tapis-roulant che avete accantonato dopo una manciata di utilizzi sarà completamente inutile.

Spartan Race è molto attiva sui social network: il sito è sempre aggiornato e la pagina Facebook italiana ha collezionato più di 4.700.000 iscritti. Sfogliando le gallerie fotografiche è difficile resistere alla tentazione di improvvisare un piccolo studio antropologico: i partecipanti sono piuttosto eterogenei, è possibile imbattersi nell’atleta serio e appassionato, nello strambo cinefilo che attraversa pozze di fango vestito come il colonnello Trautman in “Rambo” o nel soggetto sopraffatto dall’esaltazione, più interessato ad assumere pose da “guerriero” che allo sport in sé. Il sentore che la visione del film “300” abbia turbato qualche animo, poi, s’insinua notando come ogni post pubblicato dagli amministratori sia condito dal grido di guerra dei soldati di re Leonida.
Siamo di fronte ad atleti appassionati e desiderosi di porsi sempre nuovi obiettivi o soggiogati dall’esaltazione figlia dell’ultima moda? Ce n’è per tutti i gusti.

Annalisa Sichi

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