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Bruno Fattori: la beffa di La Briglia

A 70° dalla Liberazione, la parola ai protagonisti.

Bruno Fattori era cresciuto in una famiglia dove gli ideali antifascisti erano stati conservati integri e ben vivi. Aveva lavorato per lunghi anni al lanificio Forti, che era l’università antifascista della Valle del Bisenzio. Era nato nel 1925 e quando fu richiamato a prestare servizio nell’esercito della Repubblica di Salò non si presentò. In un primo momento la scadenza ultima per non essere dichiarati disertori fu fissata al 28 febbraio 1944, tale scadenza fu successivamente spostata all’8 marzo dello stesso anno. Con i suoi amici più stretti, Fattori decise di non presentarsi e di salire in montagna, dove Carlo Ferri aveva condotto il primo nucleo di partigiani, un paio di settimane prima. Tuttavia, prima di darsi alla macchia, i giovani brigliesi giocarono temerariamente una beffa ai fascisti locali. È stato lo stesso Fattori a raccontare l’episodio, in uno scritto celebrativo d’una decina d’anni dopo i fatti.
Era tradizione, a La Briglia, che ai giovani che partivano per il servizio militare fosse offerto un rinfresco alla casa del fascio: così lo Fattori e altri chiesero ai dirigenti fascisti locali che la tradizione fosse rispettata anche per loro stessi, comunicando che sarebbero partiti la mattina del 4 marzo. Fu così che la sera del 3 fu organizzata la festa, i coscritti furono gratificati di biscotti, vin santo, pacchetti di sigarette e anche qualche moneta; inoltre dovettero ascoltare parole auguranti per la guerra in atto, con l’espressione della certezza della vittoria immancabile. Da parte loro i sedicenti coscritti vollero manifestarsi generosi, destinando il contributo in denaro che avevano ricevuto a favore delle vittime di un bombardamento che, poche settimane prima, aveva colpito La Briglia.
Quando la festa si concluse, Fattori e i suoi amici andarono a scrivere sulle mura del paese frasi incitanti allo sciopero che sarebbe scattato il giorno successivo, distribuirono i volantini e all’alba dettero una mano ai picchetti dove si cercava di impedire a qualche crumiro di passare. Dopo raggiunsero ai Faggi di Iavello Carlo Ferri e gli altri.
La beffa fu organizzata talmente bene, che i fascisti impiegarono molto tempo ad accorgersene: infatti un parente di Fattori andò a Firenze e a Bologna, nei giorni successivi, a spedire cartoline che lui stesso aveva firmato in precedenza. In tal modo, la madre di Bruno poté mostrarle ai fascisti e sostenere che il figlio era transitato, dopo l’arruolamento, per le due città.
Bruno Fattori sarà il più importante dirigente sindacale di Prato negli anni Cinquanta e morirà ad appena 33 anni, nel 1958, a causa di un aneurisma cerebrale.

Giuseppe Gregori

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