L’esercito alleato era sempre più vicino, Firenze era stata liberata da oltre due settimane con il contributo determinante dei partigiani, il cui comandante, Potente (Aligi Barducci), aveva pagato con la vita l’ultimo sforzo per scacciare i nazisti; gli alleati erano ormai padroni della Toscana a sud dell’Appennino, a Prato si era in attesa dei mezzi blindati con la bandiera a stelle e strisce.
Il 3 settembre una delegazione del CLN pratese, composta da Mario Martini, Cesare Grassi e Tarquinio Fini, va a Campi Bisenzio e incontra il comando delle truppe alleate, consegna una carta topografica della zona con le indicazioni delle fortificazioni tedesche e afferma che a Prato i tedeschi non ci sono più.
Lemmo Vannini ha raccontato di essere andato personalmente, in compagnia di Paolo Vezzi e di Aladino Allori (Il Generale), a Firenze, per parlare con Dino Saccenti, del Comando Marte, allo scopo di incontrare un rappresentante degli alleati e sollecitare l’arrivo delle truppe anglo-americane in città. Un colonnello dell’esercito americano garantì che era questione di poche ore, peccato che il Vannini non indichi, nei suoi ricordi, alcuna data, tuttavia è interessante rileggere un brano dei suoi ricordi di un viaggio di andata e ritorno a Firenze, per avere un’idea di qual era la condizione che vivevano i civili in quel momento di “passaggio del fronte”: “Lo spettacolo intorno a noi era apocalittico: tedeschi in ritirata, ancora armati; tedeschi che si arrendevano; i segni della guerra visibili ovunque. Il pericolo poteva essere quello di trovarsi in mezzo a uno scontro tra alleati e nazisti; oppure di fronte a soldati sbandati che ci sparassero per il puro gusto di farlo. Ogni tanto si sentivano fischiare proiettili da cannone che esplodevano a poca distanza, provocando danni rovinosi. I tedeschi, però, vedendoci decisi, non ci disturbarono, anzi: qualcuno di loro fece l’atto di consegnarci le armi e di arrendersi.
Ai Faggi iniziò il concentramento delle bande partigiane per scendere in città: come era accaduto a Firenze, come indicava il CVL per mezzo dei comunicati di Luigi Longo, si voleva dimostrare che la città era stata liberata dalle forze della Resistenza, insieme all’esercito alleato (Dino Saccenti ha ricordato nelle proprie Memorie di aver inviato al comando di Prato un biglietto scritto di suo pugno, con l’ordine di far calare la brigata). Fu mandato anche Giovanni Tronci a Montale, perché facesse salire ai Faggi una squadra di partigiani di quel Comune: “Più siamo e meglio è!”, gli disse Romeo Pacini, affidandogli l’incarico. Purtroppo i giovani di Montale furono intercettati lungo l’Agna dai tedeschi, uno di loro, Enzo Nesti, fu ucciso e il Tronci gravemente ferito.
Giuseppe Gregori
In attesa degli Americani – Verso il 71° anniversario della Liberazione di Prato
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