Otto Dix (1891-1969); Kreutztragung

Bellezza divina, ancora un mese a Palazzo Strozzi

La religiosità popolare, quella dei contadini sui campi al far della sera, e il disincanto unito alla distanza che rende sacri dei papi, veri o probabili, dei due secoli che hanno preceduto l’attuale. E ancora, la denuncia, il gesto di ribellione, la ricerca di una comunione tra religiosità cristiana e sensualità, la crocifissione, i grandi temi che animano un dibattito di sempre. Sono raccolti, sotto forma d’opera d’arte, a Palazzo Strozzi, a Firenze, per ancora un mese. Bellezza divina tra Van Gogh, Chagall e Fontana chiuderà il 24 gennaio. Ha già raccolto successo, certo, ma si offre per un altro mese alla prima visita o a una visita successiva. È una mostra, come già annunciato a settembre, dedicata alla riflessione sul rapporto tra arte e sacro tra metà Ottocento e metà Novecento attraverso oltre cento opere di importantissimi artisti italiani, tra cui Domenico Morelli, Gaetano Previati, Felice Casorati, Lorenzo Viani, Gino Severini, Renato Guttuso, Lucio Fontana, Emilio Vedova, e internazionali come Vincent van Gogh, Jean-François Millet, Edvard Munch, Pablo Picasso, Max Ernst, Georges Rouault, Henri Matisse.
Curata da Lucia Mannini, Anna Mazzanti, Ludovica Sebregondi e Carlo Sisi, la mostra è frutto della collaborazione tra la Fondazione Palazzo Strozzi e l’Ex Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, l’Arcidiocesi di Firenze e i Musei Vaticani e si inserisce nell’ambito delle manifestazioni organizzate in occasione del V Convegno Ecclesiale Nazionale, aperto in novembre da Papa Francesco.
Bellezza divina analizza e contestualizza quasi un secolo di arte sacra moderna, partendo dagli anni cinquanta dell’Ottocento – quando le espressioni artistiche più nuove furono incoraggiate dalla Chiesa di Pio IX – arrivando fino all’Anno Santo 1950, attraverso un percorso che mette a confronto i migliori esempi nati nel contesto italiano e internazionale, sottolineandone il dialogo e le relazioni e talvolta i conflitti nel rapporto fra arte e sentimento del sacro. Una “bellezza divina” che assume il significato di una grazia che dà – si legge nella nota a uso della stampa – sostanza estetica alla forma, in opere che sprigionano ognuna una spiritualità diversa e unica.
Ricordiamo anche che grandi protagonisti della mostra sono capolavori come L’Angelus di Jean-François Millet, eccezionale prestito dal Museé d’Orsay di Parigi, opera che emana una religiosità atavica, un senso del sacro trasversale e universale; la Pietà di Vincent van Gogh dei Musei Vaticani, fondamentale perché – nonostante la vocazione religiosa e mistica – l’artista ha rappresentato raramente soggetti sacri, e lo ha fatto ispirandosi a opere di altri autori; la Crocifissione di Renato Guttuso delle collezioni della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, opera emblematica con un’intensa connotazione politica che esprime, come Guernica, un grido di dolore, la Crocifissione bianca di Marc Chagall, proveniente dall’Art Institute di Chicago, l’opera d’arte più amata da papa Bergoglio.
Dal percorso espositivo emerge come, al di là di diffusi pregiudizi, il rapporto tra arte e sacro non abbia mai subito censure profonde, ma al contrario, come ogni artista abbia sentito il bisogno di confrontarsi in qualche modo, magari in forme conflittuali, con la dimensione della trascendenza, e così pure come l’ambiente di fede abbia sempre sentito il bisogno di riconoscere nell’arte una via alta di espressione dei propri contenuti, anche in questo caso non in modo uniforme, ma attraversando gli spazi della sacralità liturgica, di quella devozionale o di quella semplicemente spirituale.

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