Si assiste, ormai da parecchie settimane, a una quasi quotidiana polemica tra il leader del governo italiano e le nomenclature europee, dalla Commissione di Bruxelles, al Cancelliere della Germania, da Jean-Claude Junker a Martin Shulz. Gli argomenti della polemica sono da “bar dello sport”: non prendiamo ordini dalle burocrazie europee, non andiamo in Europa col cappello in mano, se non ci ascoltano non si sa cosa può accadere… Naturalmente non accade nulla (cosa mai potrebbe accadere?), si assiste solo a un progressivo isolamento dell’Italia, criticata anche da esponenti socialisti come il francese Pierre Moscovici.
Nel merito Renzi non ha tutti i torti: la politica economica dell’Europa è egemonizzata dalle forze conservatrici e dalla Germania, non ha alcun respiro strategico, si limita a riguardare i conti di ciascuno e, mentre Obama ha rilanciato l’economia Usa con investimenti di 500 miliardi di dollari, continua a proporre politiche di austerità che provocano macelleria sociale (in Grecia, in Portogallo, in Italia e altrove), allontanando qualsiasi ipotesi di ripresa economica. Per non parlare dell’atteggiamento irresponsabile di fronte al fenomeno migratorio, che sta portando a innalzare nuovi muri in tutto il Continente i quali, considerati i precedenti storici, non promettono nulla di buono.
Di sicuro l’Europa che abbiamo davanti è molto diversa da quella che avevano pensato sia Giuseppe Mazzini alla metà del secolo XIX, sia Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, con il “Manifesto di Ventotene”, sta dando fiato a forse nazionaliste, populiste ed antidemocratiche, che minacciano di avvelenare la lotta sociale e politica dei paesi con maggiori tensioni. Come dice Renzi bisogna smettere di fare i burocrati, affrontare i problemi reali e indicare soluzioni efficaci e credibili, soprattutto sopportabili dai cittadini più disagiati, immigrati compresi.
Siamo tuttavia sicuri che il metodo migliore per cambiare la politica dell’Europa (“cambiare verso”?) sia quello di mettersi a fare lo spocchioso ad ogni piè sospinto, di minacciare non si capisce cosa, di litigare con tutti? Di sicuro questo tipo di atteggiamento può servire a conquistare qualche simpatia elettorale effimera da parte della gente (come Craxi a Sigonella molti lustri fa), ma non cambierà gli indirizzi dell’Europa, la quale ce la farà pagare cara: dall’inizio dell’anno la nostra borsa ha perso il 17 per cento!
La via maestra è quella di ripartire dal socialismo europeo, con una battaglia politica che lo porti ad elaborare proposte alternative a quelle della destra, a conquistare l’egemonia nel Continente e a proporre soluzioni di ripresa economica e di giustizia sociale, scrollandosi di dosso il cappio dei conservatori. Ci vuole tempo e pazienza. Renzi ha vinto le elezioni nel 2014, è il leader socialista elettoralmente più forte, potrebbe assumere la laedership di una nuova stagione del socialismo europeo. Ma non ha la pazienza, né la cultura per farlo (una Leopolda non basterebbe). E poi cosa porterebbe in dote, il taglio dei diritti dei lavoratori e l’abolizione delle tasse per i ricchi?
Giuseppe Gregori