Cosa significa vivere in Medio Oriente al di là della guerra, delle rovine e della paura? Come si può, nonostante tutto, amare questa terra e fare dell’arte un mezzo per mantenere viva la speranza e riaffermare la normalità? Ce lo racconta Middle East Now, il festival internazionale che si terrà a Firenze dal 5 al 10 aprile.
Giunto ormai alla settima edizione, Middle East Now propone ─ attraverso proiezioni, documentari, mostre d’arte contemporanea, esibizioni musicali, incontri ed eventi ─ un’affascinante panoramica sul Medio Oriente contemporaneo. Saranno presentati 44 film, quasi tutti in anteprima italiana ed europea.
Middle East Now è organizzato dall’associazione culturale Map of creation e fa parte del cartellone della “Primavera di cinema orientale”.
Il festival omaggerà la regista turca Yeşim Ustaoğlu proiettando tre dei suoi film più importanti. Tra i pochissimi registi donna in Turchia, si è dedicata a un cinema socialmente e politicamente impegnato. Ha ricevuto il consenso della critica con “Journey to the Sun”, primo film in Turchia ad affrontare la questione curda.
Dalla Palestina arrivano, tra gli altri, “Degradé”, primo lungometraggio dei fratelli Nasser che racconta di dodici donne intrappolate in un salone di bellezza a Gaza mentre fuori imperversano scontri causati dal furto di una leonessa dallo zoo, e il documentario “Speed sisters” di Amber Fares, sui sogni e le conquiste di alcune giovani che affermano la loro libertà come piloti automobilistici.
Prende parte al festival la prima commedia romantica mai girata in Arabia Saudita: si tratta di “Barakah meets Barakah” di Mahmoud Sabbah, storia d’amore tra un umile funzionario comunale e una bellissima ragazza ricca.
Arrivano dalla Siria il pluripremiato documentario “A syrian love story” di Sean McAllister, storia d’amore di una coppia di attivisti minacciata dalla guerra, e il corto “Another kind of girl”, girato da un rifugiato.
Sono moltissime le anteprime dall’Iran, tra cui “Starless Dreams” di Mehrdad Oskouei, girato in un carcere minorile femminile iraniano, e “Talk Radio Tehran” di Mahtab Mansour, incentrato sulla vita di tre donne – un’autista di autobus, una pilota di rally e una pompiere – che combattono quotidianamente i pregiudizi.
Da Israele arriva il documentario “God’s Messenger” di Itzik Lerner, in cui per la prima volta una telecamera entra a stretto contatto con i coloni ebraici che abitano nell’avamposto illegale di Havat Gilad.
In anteprima internazionale sarà proiettato “Baglar”, un documentario di Berke Base Melis Birder sulle vicissitudini di una squadra giovanile di basket della regione curda di Diyarbakir, nella Turchia sud-orientale, che si batte – oltre che per vincere il campionato ─ per superare pregiudizi, povertà e disordini politici creati da decenni di conflitti tra Stato e indipendentisti curdi.
Provengono dal Libano “Parisienne”, l’ultimo film di Danielle Arbid che racconta le vicende di una diciottenne trasferitasi in Francia per motivi di studio, e il premiato documentario “A made for each” di Maher Abi Samra, sul mercato delle domestiche straniere nel paese.
Dall’Afghanistan viene presentato il documentario “Love, marriage in Kabul” di Amin Palangi, nel quale i protagonisti cercano di sfuggire a un matrimonio combinato.
L’Egitto sarà descritto attraverso il pluripremiato documentario “Tuk-Tuk” di Romany Saad, un viaggio per le strade del Cairo sulle orme di tre ragazzi costretti a guidare i famosi mezzi di trasporto a tre ruote per sfamare le loro famiglie.
Dal Marocco arriva l’anteprima europea di “Sbitar”, esordio alla regia di Othmane Balafrej, che osserva le frustrazioni quotidiane dai cui sono afflitti i pazienti dell’ospedale di Rabat, il più grande in Africa.
Tra gli eventi speciali, dal 9 al 27 aprile Aria art gallery in Borgo Santi Apostoli ospiterà due mostre fotografiche che raccontano la Siria attraverso le paure, i sogni e le emozioni dei siriani costretti a fuggire: “Our limbo” della giovane fotografa libanese Natalie Naccache e “Live, love, refugee” del fotografo siriano Omar Imam.
Il noto chef libanese Kamal Mouzawak sarà ospite del festival con una cena al Teatro del Sale e un corso per imparare i segreti della sua cucina.
Per la prima volta Middle East Now proporrà una performance di danza contemporanea eseguita dal giovane e talentuoso coreografo israeliano Mor Shani. Si esibirà anche la famosa cantante algerina Souad Massi.
Al cinema Odeon sarà possibile ammirare le keffieh “Made in Palestine project” create dallo stilista palestinese Rashid Abdelhamid, nome di punta del design sostenibile nel mondo arabo.
La libreria-installazione del festival proporrà una selezione di romanzi e autobiografie che raccontano un Medio Oriente nostalgico, vitale e resistente, dalle memorie dell’indimenticato poeta palestinese Mahmoud Darwish ai riad di Fez evocati dalla sociologa e femminista marocchina Fatema Mernissi.
Per ulteriori informazioni consultare il sito http://www.middleastnow.it/now/.
Annalisa Sichi