Ragazza in campagna

Lavorare stanca o stanca di lavorare

Lavorare stanca o stanca di lavorare. Ecco servita una performance teatrale, in scena a Certaldo sabato sera. Tutto nasce dall’idea di Valerio Signorini che è anche interprete dello spettacolo insieme a Greta F, Chiara Bollettino e Sara Patti. Dietro un’immaginaria quinta troviamo poi la figura di Carmelo Bene.

Appuntamento sabato 30 aprile, alle 21,30, al centro “I Macelli” di piazza Macelli a Certaldo.

La modella Margherita Marzocchini
Lavorare Stanca (foto di Tiziano Massaroni – modella Margherita Marzocchini)

A che cosa assisteremo? Non stanchiamoci della lettura, semmai facciamolo col lavoro, e riportiamo parte la nota che presenta lo spettacolo.

“Se mai meritassimo una libertà, essa sarebbe affrancamento dal lavoro, non occupazione sul lavoro. Ȕla citazione, di Carmelo Bene, che presenta questo lavoro teatrale che utilizza, come è nello stile de I Macelli, più mezzi: – lettura, video, danza.
Lo spettacolo, alla vigilia del 1 maggio, è infatti una riflessione sul tema del lavoro, per mettere al centro il rapporto ambivalente che abbiamo con esso: il bisogno di lavoro come strumento di vita e mezzo di realizzazione personale, ma anche l’oppressione e la frustrazione che derivano da un’incessante ricerca in momenti come quello attuale.

«“Il termine Lavoro, dal latino Labor, indica Fatica – – spiegano gli organizzatori –- Noi cercheremo di far emergere il paradosso che vede l’uomo da sempre evitare la fatica, o tentare di diminuirla, e al tempo stesso cercare un’occupazione lavorativa, fino al parossismo d’implorarla nei periodi di calo dell’offerta. In particolare in questi momenti il lavoro conferisce senso alla nostra esistenza: faticando guadagniamo dei soldi, meritiamo un posto nella società e da essa siamo riconosciuti. È uno statuto esistenziale: se lavoriamo esistiamo, se non lavoriamo non esistiamo».

«Non avere oggi un’’occupazione crea, come raramente nella storia, un senso di frustrazione ed angoscia che annulla essenzialmente la possibilità di una non-occupazione creativa, profondamente autoformativa», proseguono. Eppure, «Carlo Rovelli ci ricorda che “Da ragazzo, Albert Einstein ha trascorso quasi un anno a bighellonare oziosamente».

“Recarsi tutti i giorni sul posto di lavoro è un azione che nell’attuale, non si pone più la domanda essenziale del desiderio (desidero farlo?), ma rimane allo stato di una mera accettazione senza interrogativi.

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