Sotto lo sguardo del Grande Fratello, la Cina mette a punto strumenti per misurare il credito sociale.
Intorno al 2020, se il governo del partito comunista cinese metterà in atto il suo progetto, qualunque cittadino della Repubblica Popolare Cinese, se vorrà prendere il treno, chiedere un prestito, mandare i figli in una scuola prestigiosa, alloggiare in un hotel di lusso o altro, dovrà prima controllare di avere un credito sociale abbastanza alto.
Secondo un articolo online del giornale britannico “Indipendent”, il governo cinese starebbe progettando di implementare un sistema di “credito sociale” in cui a ciascun cittadino verrebbe assegnato un punteggio da 1 a 100. Tale punteggio sarebbe assegnato in base a dati raccolti online, dividendo poi i cittadini in quattro categorie da “A” a “D” sulla base del punteggio e dando loro in base alla categoria un diverso trattamento nella vita quotidiana. Ad esempio, se si rientra nel gruppo “A” si ottiene un trattamento preferenziale quando ci si unisce al partito, si ha supporto governativo se si inizia un attività e così via, se si è nel gruppo “D”, si riceve di contro numerosissimi divieti e restrizioni, dal non poter viaggiare in treno o in aereo fino a non poter avere un appuntamento.
Secondo l’”Indipendent” il governo cinese non avrebbe ancora definito esattamente le modalità di attuazione di un simile progetto, attuazione molto complicata in un paese di oltre 1,3 miliardi di cittadini e che potrebbe rivelarsi estremamente impopolare. Comunque il piano sarebbe di assegnare un “credito sociale” ai cittadini sulla base di dati ottenuti online sulle loro attività e attitudini politiche, commerciali, sociali e legali. Alcuni esempi da un progetto pilota locale del 2010 fallito per rabbia della popolazione cha assegnava punti ai cittadini per un massimo di 1000 in base al loro “buon comportamento”: una minima violazione delle regole della strada costava 20 punti, guidare ubriachi o pagare una mazzetta, partecipare in qualunque cosa fosse ritenuta “culto” o non riuscire a occuparsi dei parenti anziani o causare un “disturbo” che bloccasse gli uffici del partito o del governo costava 50 punti. Accusare qualcuno falsamente su internet costava 100 punti, mentre ad esempio vincere un premio nazionale aggiungeva 100 al punteggio di una persona.
Parte delle ragioni per cui il governo centrale sembra determinato a proseguire con questo progetto sono economiche: pochi in Cina hanno una carta di credito o chiedono in prestito soldi alle banche, quindi l’informazione sul credito dei cittadini è scarsa. Un altra ragione è combattere gli abusi del mercato e dei privati che ad esempio causarono nel 2008 il ricovero migliaia di bambini in ospedale per aver bevuto latte infetto e che hanno fatto si che quest’anno a milioni di bambini siano stati forniti vaccini difettosi.
Tuttavia, sicuramente nel piano c’è anche la volontà di instituire un maggior controllo in stile autoritario sulla vita quotidiana, forzando l’applicazione di uno standard morale designato dal partito Comunista. Non è sicuro comunque che il progetto verrà infine attuato, data la non irrilevante complessità di attuazione e l’estrema impopolarità che potrebbe comportare per un governo il quale anche se autoritario, è sensibile all’opinone pubblica. Tuttavia se questo progetto dovesse davvero essere attuato, entro alcuni anni la Cina potrebbe assomigliare non poco a uno stato di polizia simile a quelli dipinti in opere di fantascienza distopica come “Minority Report” di Steven Spielberg.
Leonardo Panerati