La fine del mondo è tutta da apprezzare. Taglia il traguardo parziale dei 30.000 visitatori e si offre ancora, fino alle soglie della primavera. La mostra al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato va vista e viene vista. Ed è già un gran risultato. I visitatori arrivano da tutta la Toscana e oltre. Giovani, in buona parte, e soddisfatti, a guardare a indagini e voci raccolte al piano alto dell’astronave progettata da Nio. Il nuovo Pecci recupera la sua missione e, non a caso, non mancano gli eventi che a torto potremmo definire collaterali. Non mancano neppure le visite preparate per i bambini. Centro, allora, più che museo.
La fine del mondo e il gran lavoro di Castellucci
La mostra è un’opera d’arte in sé. Aver raccolto opere, chiesto e ottenuto prestiti, unito il dadaismo ai video lungo un percorso intenso e a tratti angosciante rende l’itinerario un insieme che si presta a più chiavi di lettura. Chiavi sostanziali e formali, per un pezzo unico che è appunto La fine del mondo. Merito, allora, al direttore del Centro Pecci, Fabio Castellucci. Un bello sforzo, il suo e quello dei suoi collaboratori. Una bella idea.
La presentazione del Pecci, un estratto
Attraverso le opere di oltre 50 artiste e artisti internazionali e con un allestimento che si estende sull’intera superficie espositiva del museo di oltre 3000 metri quadrati, la mostra si configura come una specie di esercizio della distanza, che spinge a vedere il nostro presente da lontano.
Durante il percorso il pubblico sperimenta la sensazione di vedersi proiettato a qualche migliaio di anni luce di distanza, per rivedere il mondo di oggi come se fosse un reperto fossile, lontano ere geologiche dal tempo presente, con la sensazione di essere sospesi in un limbo tra un passato ormai lontanissimo e un futuro ancora distante.
La fine del mondo si colloca all’interno di questo limbo e attraverso lavori di natura diversa, spesso da attraversare, da esperire fisicamente, in una scansione di spazi e di suoni che si succedono, trascina in un movimento continuo, ineluttabile, una specie di loop, di eterno ritorno che ritmicamente ci allontana e ci riavvicina al presente, proponendoci nuove chiavi di lettura.
Lungo il percorso espositivo tutte le espressioni e i linguaggi artistici saranno interconnessi: la musica, il teatro, il cinema, l’architettura e la danza…
Gli artisti
La fine del mondo vede presenti opere di Adel Abdessemed, Jananne Al-Ani, Darren Almond, Giovanna Amoroso & Istvan Zimmermann, Anonimi del paleolitico inferiore, Anonimo del paleolitico superiore, Aristide Antonas, Riccardo Arena, Kader Attia, Francis Bacon, Babi Badalov, Fayçal Baghriche, Francesco Bertelè, Rossella Biscotti, Björk, Umberto Boccioni, Kerstin Brätsch, Cai Guo-Qiang, Julian Charrière & Julius von Bismarck, Ali Cherri, Analivia Cordeiro, Isabelle Cornaro, Vincenzo Maria Coronelli, Hanne Darboven, Pippo Delbono, Marcel Duchamp, Marlene Dumas, Jimmie Durham, Olafur Eliasson, Federico Fellini, Didier Fiuza Faustino, Lucio Fontana, Carlos Garaicoa, Adalberto Giazotto, Arash Hanaei, Camille Henrot, Thomas Hirschhorn, Joakim, Polina Kanis,Tadeusz Kantor, Tigran Khachatryan, Robert Kusmirowski, Andrey Kuzkin, Volodymyr Kuznetsov, Suzanne Lacy, Ahmed Mater, Boris Mikhailov, NASA, Henrique Oliveira, Lydia Ourahmane, Pëtr Pavlensky, Gianni Pettena, Agnieszka Polska, Pablo Picasso, Pussy Riot / Taisiya Krugovykh, Qiu Zhijie, Józef Robakowski, Batoul S’Himi, Fari Shams, Santiago Sierra, Hiroshi Sugimoto, Luis Urculo, Emmanuel Van der Auwera, Ekaterina Vasilyeva & Hanna Zubkova, Andy Warhol, Ingrid Wildi Merino, Andrzej Wróblewski, Alik Yakubovich, David Zink Yi.
La fine del mondo, quando
Fino al 19 marzo 2017
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
Prato