La presenza di un figurante ricorderà il Sacco di Prato. Distruzioni, incendi, furti, stragi scellerate, stupri, uomini fatti schiavi, riscatti da pagare decimarono la città. Tutto ciò la lasciò in ginocchio, da ricca che era, per diversi decenni.
Ramon de Cardona, morto da cinquecent’anni, torna a Prato. Qualcuno potrebbe imbattersi proprio in questi giorni nel figurante che lo rappresenta. Lui, Viceré di Napoli, guidò assalto, saccheggio e devastazioni alla guida dell’esercito spagnolo. A Prato è venuto a chiedere scusa, come già avrebbe fatto ai tempi suoi, stando a una leggenda.
Mancano pochi giorni all’anniversario. Il 29 agosto 1512, complici i Medici e il Papato, ci fu l’assalto alla città da parte degli Spagnoli al comando di Ramon de Cardona.
Il contesto storico
Pur sotto Firenze, tra il XV e il XVI secolo Prato raggiunse un’importanza continentale sia per l’industria e per il commercio della lana, sia per la cultura, grazie ai maestri che contribuirono a renderla una delle città più raffinate d’Italia. Con la morte di Lorenzo il Magnifico, nel 1492, ebbe fine un’epoca di pace e di crescita umana e materiale. Il figlio Pietro, detto il Fatuo, non si dimostrò altrettanto abile nelle questioni politiche rispetto al padre Lorenzo. I Medici furono cacciati da Firenze, che si ritrovò in balìa delle fazioni e pronta a dar ascolto ai sermoni del Savonarola.
In seguito alla sconfitta dei Francesi di Luigi XII da parte della Lega Santa, una coalizione creata da Papa Giulio II, Ferdinando II d’Aragona e i Veneziani, nel 1512, il Congresso di Mantova stabilì il rientro a Firenze dei Medici, che ottennero il sostegno della Spagna.
L’avanzata spagnola
Appresa la notizia che il generale Cardona con il suo esercito stava avanzando verso di loro, i pratesi si prepararono alla difesa della città, chiedendo aiuto a Firenze, senza però riceverlo. Il cardinale Giovanni de’ Medici, che nel 1513 salirà al soglio pontificio con il nome di Leone X, avrebbe potuto evitare il Sacco di Prato. Non lo fece. Gli serviva un esempio vicino e lampante per incutere timore ai fiorentini, rei di aver tradito la sua famiglia.
Il Sacco di Prato iniziò a nord. Dopo aver scavalcato le mura, non riuscendo ad aprirsi subito un varco, il 29 agosto 1512 gli Spagnoli entrarono in città tra Porta al Serraglio e piazza S. Agostino.
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I 21 giorni del terrore
I soldati di Ramon de Cardona compirono subito più stragi. Il maggior numero di morti si ebbe nelle chiese, dove la gente si era rifugiata nel tentativo di mettersi in salvo. Sembra che gli Spagnoli mirassero ad assaltare per prima la chiesa di S. Agostino e cercarono un varco nelle vicinanze. Quando riuscirono a penetrare, si parò davanti a loro un frate che per difendere i fedeli ferì a morte alcuni soldati a colpi d’ascia. Pentitosi del suo gesto, si dice, si lasciò erò uccidere. Il suo sacrificio servì a salvare le vite di coloro che avevano trovato rifugio in S. Agostino, perché quella chiesa fu risparmiata dagli invasori.
Nelle altre chiese i parroci cercarono invano di mantenere al sicuro i fedeli, ma vennero uccisi senza esitazione. Altri pratesi, che avevano cercato rifugio tra le mura del Castello dell’Imperatore, uscirono dalla fortezza con l’intento di difendere la città. Si scagliarono contro gli Spagnoli, che li uccisero o fecero prigionieri.
Il Sacco durò 21 giorni e si contarono circa 6000 morti, mentre altri 200 circa furono fatti prigionieri, torturati, fatti schiavi e sottoposti a riscatto.
Le conseguenze furono drammatiche anche per l’arte della lana, già in crisi, che crollò definitivamente, insieme alle arti minori.
Nel luogo da cui partì l’invasione è stata poi costruita la ferrovia e su un pezzo delle mura sono state inserite due targhe: una ricorda l’inizio del Sacco e l’altra il periodo della Seconda Guerra Mondiale.
Su questo evento storico, nel 1882, Eugene Lee – Hamilton compose una ballata – La ballata del Sacco di Prato A. D. 1512 – che ha poi ispirato l’omonimo film realizzato da Mirco Rocchi e Stefania Stefanin, decisi a riportare alla luce una tragica vicenda ignorata dai più, molti pratesi compresi.
Ilaria Baldini