«Lasciatemi andare a casa, voglio solo tornare a casa mia». Margherita non capisce cosa vogliano quelle persone da lei. Alla sua richiesta di poter andare via, riceve in cambio una secca e ferma risposta negativa. Non sa dov’è né perché si sia trovata in quel luogo, che non riconosce come familiare. È sabato pomeriggio, fuori il cielo è grigio e sta per piovere: una di quelle giornate da passare volentieri dentro casa, evitando l’aria umida e pesante che ti si attacca addosso. E invece Margherita dentro casa non ci è rimasta ed ora si ritrova in quella stanza, senza avere idea né del come né del perché. Si sente disorientata.
Per quale motivo era uscita? C’erano forse delle commissioni da sbrigare? Quale strada aveva percorso per arrivare in quel posto? Qualcuno l’aveva condotta lì? Non riesce a darsi delle risposte Margherita, non ricorda cosa dovesse fare o dove dovesse andare, non ricorda chi ha incontrato lungo il tragitto. Sa solo di essersi allontanata da casa sua ed ora, guardandosi intorno, si rende conto di essere in un luogo diverso: come se ci fossero un punto A ed un punto B, ma lei non fosse in grado di tracciare la linea che li unisce.
Margherita ha tredici anni e quelli sono tempi duri, tempi di guerra, una guerra mondiale, la seconda. È poco più che una bambina, ma la guerra non fa sconti, nessuno viene risparmiato e si deve stare attenti, a qualsiasi età. La spensieratezza è un lusso che non ti puoi permettere, nemmeno se sei bambino, nemmeno se vivi in un piccolo paese di campagna, non puoi e basta. Margherita si chiede se ciò che le sta capitando abbia a che fare con quell’orrendo conflitto. Conosce parecchie persone la cui esistenza è stata profondamente toccata e sconvolta: bambini, adulti e anziani deportati, senza distinzione alcuna, uomini chiamati a combattere, alcuni dei quali in fuga da una battaglia che non appartiene loro, giovani fuggiti da ciò che il sistema imponeva che ora lottano per la libertà, famiglie distrutte dalla morte e dalla violenza. Nonostante queste esperienze così vicine a lei, Margherita, piena di estrema speranza da diventare quasi illusione, non credeva, fino a quel momento, che qualcosa sarebbe potuto capitare anche a lei, in maniera così diretta. E invece la strana situazione in cui si trova inizia a farle sospettare cose brutte, che non riesce nemmeno a chiamare col loro nome. Insieme a lei nella stanza ci sono due giovani donne dall’aspetto insospettabile: poco più che ventenni, hanno lineamenti dolci e modi posati. Allo stesso tempo, però, le riservano un trattamento così duro, opponendosi alla sua volontà di andare via da lì in modo tanto deciso e risoluto, senza apparente motivo, da risultare agli occhi di Margherita estremamente sospette e minacciose. Lei non demorde, tenta di fuggire, approfittando dei pochi momenti di distrazione delle due, ma invano. In un attimo in cui non la controllano, prova ad avvicinarsi silenziosa alla porta, ad aprire la maniglia, ma le due aguzzine sono più scaltre, più agili, notano i suoi movimenti ed arrivano prima di lei, impedendole la fuga dall’incubo in cui le sembra di essere precipitata. «Dove stai cercando di andare?» le domandano. «Voglio tornare a casa. Cosa volete da me? Perché mi tenete qui? Non vi conosco e non ho fatto niente di male per meritarmi quello che mi state facendo» risponde Margherita, con la voce piena di rabbia e di disperazione al tempo stesso.
Chissà cosa hanno a che fare le due ragazze con la guerra, cosa ha a che fare lei con loro, chissà come si collega ciò che le sta capitando con gli avvenimenti che parallelamente stanno capitando nel mondo intorno a lei. Non possiede certezze, ha però un brutto presentimento. È tutto talmente strano, misterioso ed insensato che non può esserci altra spiegazione. La guerra in fondo, si sa, non ha nulla di logico. Magari adesso funziona così: ti rapiscono, stordendoti tanto da non farti ricordare nulla, ti trattengono per un po’, fino a che non avranno deciso che fare di te, e a quel punto diventi semplicemente una delle tante persone che non ce l’hanno fatta a salvarsi. Perché altrimenti tutto ciò? Da cosa avrebbe origine quell’accanimento nei suoi confronti?
Il pensiero di Margherita corre inevitabilmente a sua madre. Sarà preoccupata, non vedendola tornare.
Margherita perse il proprio padre quando aveva solo cinque anni, per colpa di un improvviso attacco cardiaco, mentre due delle sue sorelle morirono ancora prima che lei nascesse e potesse conoscerle, in tenerissima età, come purtroppo capitava spesso in quegli anni. Ora sua madre non potrebbe sopportare l’idea di un’altra perdita in famiglia. In quel preciso istante il legame inscindibile che le unisce scuote Margherita nel profondo e rende ancor più devastante la singolare forma di prigionia di cui si sta ritrovando vittima.
L’angoscia cresce dentro di lei, ad avvolgerla è il senso di smarrimento e di perdita di qualsiasi punto di riferimento. Il panico.
Il tempo passa e niente accade. Le speranze diminuiscono, le sicurezze svaniscono. La paura assale Margherita: paura di non tornare più a casa, di non vedere più la sua mamma, i suoi fratelli e le persone a cui tiene, timore di ciò che può succederle. Il cuore batte sempre più forte, incontrollabile ed implacabile, come a scoppiare da un momento all’altro. Anche la testa esplode, in preda alla confusione e all’ansia. Le sembra di non capire più niente e le viene da piangere, terrorizzata ed esausta. Sfinita.
«Nonna» sente Margherita tutt’a un tratto «Vieni qui, nonna«. Sono le due ragazze presenti nella stanza a parlare: «Siamo Chiara e Marta, le tue nipoti. Questa è casa tua». La chiamano accanto a loro e le mostrano alcune foto: «Questa è la casa che tu e nonno avete costruito, vi siete sposati e siete venuti a vivere qui». Cercano di placare l’agitazione della nonna, di rassicurarla. Ripercorrono le tappe della sua vita come se stessero raccontando una storia in cui lei è la protagonista. Provano a farle comprendere ed accettare che non può fare ritorno nella casa dove abitava da bambina, che non c’è sua madre ad attenderla, che quelli erano gli anni Quaranta, che ora è il 2018 e nel frattempo è trascorsa tutta una vita. Un lungo tempo che, con la facilità di uno schiocco di dita, la malattia della nonna annulla.
Margherita è confusa: nella sua mente i ricordi sono disordinati, il tempo ha deciso un ordine tutto suo. Non riesce a comprendere a fondo alcuna spiegazione logica, ma si lascia cullare tra le braccia delle sue nipoti, rifugiandosi nel loro sorriso caldo e nel suono di quella parola, “nonna”, pronunciata così dolcemente da farla finalmente sentire protetta ed al sicuro.
Si addormenta e, risvegliandosi, non ricorda nulla di quanto accaduto poco prima.
L’Alzheimer, incessantemente ed inesorabilmente, giorno dopo giorno, le porta via pezzi di vita e scombussola quelli che rimangono, ma Margherita, tenace, combatte. Nella sua quotidiana battaglia, la forza che possiede è quell’amore donato per tutta la vita e da cui ora è circondata, che ancora le fa sentire il calore e che sempre, alla fine, la riporta a casa.
Erika Corti