Il suono della solitudine di Michele Marziani

Il viaggio nella solitudine di Michele Marziani, dall’America alla natura italiana

In un racconto lungo, o romanzo breve che dir si voglia, lo scrittore americano Sherwood Anderson racconta dell’apprendistato alla vita di due giovani, stallieri girovaghi al servizio di un proprietario di cavalli da corsa. C’è un momento bellissimo del racconto quando una sera, alla fine di una competizione, i due si imbattono nel più grande fantino di quei tempi, soprannominato “l’uomo silenzioso del Tennesse”, osannato dal pubblico. Si stupiscono nel vederlo in disparte, lontano dalla festa e dalla rilassatezza alla fine di una manifestazione; lo guardano per più di mezz’ora seduto su una cassetta di legno intento a frugare per terra con un bastone. Uno dei due giovani, aspirante scrittore, capisce che questo saper stare da solo è alla base della grandezza di quel fantino e che, anche lui, per diventare davvero uno scrittore dovrà perseguire, sperimentare e vivere quella solitudine.

Lo scrittore Michele Marziani di libri ne ha scritti tanti, sette romanzi e numerosi libri di viaggio “nella cultura materiale italiana” ovvero “di pesci, di pescatori, di vini e di salami”. Ogni libro è stato un cammino di approfondimento di una solitudine che è tutt’uno con la scrittura, un cammino che lo ha portato dopo 20 traslochi, “tutti riusciti”, ad abitare in un piccolissimo paese di poche anime nell’alta Valsesia, ai piedi del Monte Rosa.
Di questo ci racconta in quello che è forse il più piccolo tra i suoi libri, dove però si mette in gioco più che in tutti i lavori precedenti: «sei terrorizzato dall’idea di dover mettere in gioco qualcosa di più del te stesso velato dai personaggi dei tuoi romanzi” confessa a sé stesso».

Michele Marziani, in questo Il suono della solitudine, ci racconta il passaggio dall’esser soli alla solitudine , cosa è stato fondametale per lui nel fare questo passaggio: la lettura, “quando impari a leggere smetti di essere solo”, dall’enciclopedia Conoscere, il primo libro di quand’era bambino, agli autori di una vita; la pesca, perché scoprire di saper fare bene qualcosa è il primo passo per star bene con sé stess. «Non è vero che non sai fare nulla, sai pescare le trote, sai andarle a cercare sui torrenti di montagna, conosci il vento, il passo felpato dell’indiano, il nodo che non si rompe, la tana del pesce, lo scrosciare dell’acqua».

E tra gli autori che lo aiutano in questa ricerca, più che i grandissimi Jack Kerouac, Bernard Malamud, Riccardo Bacchelli, Giorgio Manganelli e non sto a elencarli tutti, mi piace ricordare Mario Albertarelli, pescatore e scrittore, che al nostro insegna che certe sigarette non nuociono alla salute dei solitari.
«Arriverai sul fiume quando il cielo si sbianca. Siediti sulla riva, bevi un sorso e fumati una sigaretta. E rimani così in silenzio, pensando a ciò che fari sul fiume, pensando a come pescherai.
Se riesci a startene così per qualche minuto, tutto teso ad ascoltare ciò che il fiume ripete da millenni, puoi sentirti veramente vivo e questi momenti rimarranno dentro di te anche dopo , negli anni che verranno».

E la solitudine e selvatichezza della pesca sono le stesse in cui avviene la scrittura e, in qualche modo, prendono forma i libri. In questo caso nume del nostro è la scrittrice Marguerite Duras quando scrive, “non so cos’è un libro. Nessuno lo sa, ma si sa quando ce n’è uno. E quando non c’è, si sa, come si sa che si è, non ancora morti.”

È questa la solitudine in cui non si è soli, “più coltivi il silenzio, più qualcuno bussa.” Sono gli amici veri, “rispettano la tua solitudine, non ne hanno a male, ma non ti lasciano solo.”

Il suono della solitudine, di Michele Marziani, Ediciclo Editore 2018.

Lorenzo Mercatanti

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