Abbiamo conosciuto Shuichi Yoshida con il romanzo L’uomo che voleva uccidermi, una sorta di thriller senza respiro in cui conosciamo l’assassino fin dalle prime pagine e insieme a lui anche le difficoltà relazionali nel Giappone contemporaneo.
Ora la casa editrice Feltrinelli pubblica Appartamento 401 (pp. 232, 16 euro, traduzione di Gala Maria Follaco), che ha ottenuto il prestigioso premio Yamamoto Shugoro. Anche qui, come nel romanzo precedente, l’omicidio è la chiave per interrogarsi sul mistero dell’animo umano. Ma i tempi sono molto più dilatati, e la narrazione polifonica.
I cinque protagonisti, tre ragazzi e due ragazze, condividono un appartamento nel quartiere di Chitose Karasuyama a Tokyo, con le loro biografie apparentemente banali ma perturbanti.
Ryosuke è un tranquillo studente universitario, figlio di un modesto ristoratore, e ha un’auto, Momoko, che si spegne ogni dieci chilometri. Kotomi è arrivata a Tokyo per riallacciare una relazione con il suo ex ragazzo, lasciato a causa di una madre psichicamente fragile e improvvisamente salito alla ribalta come attore di telefilm. Trascorre le giornate in tuta ad attendere le sue rare telefonate, come se fossero l’unico evento di procurarle delle emozioni.
L’amica Mirai, che ambisce a diventare disegnatrice, e riproduce ossessivamente particolari anatomici maschili, vive una vita ordinaria da commessa di giorno, e di notte si ubriaca nei locali alla moda di Shinjuku frequentati da gay e travestiti.
Naoki, che lavora per un marchio di produzione cinematografica, sconta ancora il lutto per la rottura della sua relazione con la fidanzata Naoki. Si aggiunge a loro il diciottenne Satoru, che vive prostituendosi in un parco.
La narrazione prende ampio spazio nel descrivere a movimenti millesimali le vite dei protagonisti, narrate da loro stessi e a turno dagli altri. Man mano che la storia avanza, iniziano a verificarsi nel quartiere aggressioni ad alcune donne.
I sospetti dei ragazzi cadono sul misterioso inquilino dell’appartamento 402 affianco al loro, apparentemente occupato da un tipo losco. Lo scioglimento del romanzo è spiazzante e ancora una volta dà a vedere come bene e male si intreccino, in quello che si intravede come uno sguardo neutrale e non giudicante da parte dell’autore.
E, ancora una volta, in questo intreccio indecifrabile, misterioso e perturbante si rivela l’agire e il sentire umano.