A Prato c’è la mafia e, se guardiamo al metodo mafioso, nella comunità cinese è viva e vegeta. Non tutta l’illegalità che emerge dai controlli nei capannoni o in altre attività, però, è da considerarsi mafia. Lo ha rilevato, ieri sera, il procuratore della Repubblica di Prato, Giuseppe Nicolosi. Lo ha fatto nel corso del primo dibattito tenuto nella nuova sede dell’associazione Pratofutura.
Nell’incontro si è posto subito un interrogativo: la mafia esiste nella comunità cinese e nelle aziende del distretto parallelo? La domanda è stata rivolta anzitutto a Giuseppe Nicolosi, Procuratore della Repubblica di Prato, partendo dalle sull’indagine denominata China Truck.
«Distinguerei due piani – ha risposto Giuseppe Nicolosi – Uno di illegalità diffusa, di una serie di violazioni delle normative in materia di sicurezza sul lavoro, in materia di fedeltà fiscale e contributiva. L’altro di criminalità organizzata. La qualificazione mafiosa è stata ridefinita dal tribunale del riesame. Tuttavia di là dalla mafiosità, che implica un metodo, quell’inchiesta ha messo a fuoco un’organizzazione che opera per il controllo di determinate attività economiche. Pertanto, pur in senso a-tecnico, penserei che questo tipo di criminalità di stampo mafioso in quella comunità esista».
Il sindaco di Prato, Matteo Biffoni, ha chiosato: «Il procuratore Giuseppe Nicolosi ha ragione. Giustamente per il suo lavoro deve comprendere se sussistono o meno le caratteristiche previste dal codice di procedura penale. Detto questo è evidente almeno quell’indagine ha raccontato di un sistema organizzato e ciò ovviamente fa preoccupare e deve far tenere a tutti quanti le antenne molto, molto alte».
Da parte sua Silvia Bocci, presidente Pratofutura, ha ricordato che «un’associazione come Pratofutura che si interessa di economia e di sviluppo economico, non può non fare tutto ciò che è necessario per conoscere e approfondire la realtà in cui opera e soprattutto aiutare le imprese a conoscerla meglio. Anche perché fare impresa crea valore aggiunto soltanto se la si fa nel rispetto della legalità e delle regole. È chiaro c’è una profonda differenza tra illegalità e attività criminosa, che spesso è ricondotta all’attività economica delle imprese, e pertanto intendiamo per quanto possibile fare chiarezza su questi concetti e riaffermare che fare impresa non può prescindere dal rispetto delle norme e dell’etica nell’economia».