Sui fatti di Reggio Emilia, dove alcuni bambini sono stati affidati a “nuove” famiglie sulla base di perizie che sembrerebbero quanto meno forzate, ci sono naturalmente indagini in corso e sarebbe buona norma cercare di capire, seguendo la vicenda, piuttosto che ergersi a giudici da tastiera. Torti subìti e ragioni si vedranno. Una cosa però è già evidente: l’attitudine a generalizzare e dedicarsi ad una narrazione politica confusa e di bassissimo livello.
Così l’assistenza sociale diventa “roba da comunisti” piena di venduti che pensano prima di tutto ai migranti e allo stesso tempo privilegiano le donne a scapito dei poveri padri di famiglia, tirando acqua al mulino di politiche a dir poco sessiste. Opinioni di questo genere sono figlie dell’ignoranza, basterebbero pochi minuti per capire come funzionano le cose.
La figura mitologica dell’assistente sociale che come un orco cattivo strappa via i bambini dal seno di madri piangenti è cosa risalente agli anni ’50 e la immaginavamo ormai superata e buona solo per quei pregiudizi dal gusto horror, dove spunta sempre anche una qualche etnia atta al rapimento di bambini. Dovrebbe essere chiaro che l’assistente sociale non decide nulla da solo ma lavora insieme ad altre istituzioni e la decisione finale spetta sempre e comunque ad un giudice, che per altro spesso sorpassa il parere degli assistenti sociali e nomina dei tecnici suoi e si informa dei fatti dalla viva voce degli interessanti, bambini compresi. Con buona pace di tutti quei genitori delusi, probabilmente dalle loro stesse mancanze ma schiacciati dalla vergogna e dall’onta sociale, che trovano nell’assistente sociale il nemico da abbattere.
Per altro molto spesso è un mestiere femminile e questo lo rende un pelino più antipatico agli occhi dell’italiano che si finge moderno ma poi fatica a digerire il giudizio di una professionista.
L’assistenza sociale in Italia lavora in condizioni di estrema precarietà: pochi fondi e quindi pochi operatori che hanno un tempo limitato per intervenire e per controllarsi a vicenda e pertanto, poi, succede che qualcuno prenda una cantonata e qualcun altro si manifesti per il criminale che è; tuttavia partire dai fatti di Reggio Emilia per sostenere una teoria del complotto in cui tutti sono marci sarebbe come dire che tutti gli appalti sono truccati e che in Italia non c’è nessun impresario edile che lavora secondo la legge. Un tantino estrema come visione delle cose e sicuramente sarebbero in molti ad offendersi. Quello che stupisce però è questa incapacità, perché di questo si tratta, di discernere le cose: non solo criminali da non criminali, facendo invece di tutta l’erba un fascio, ma anche di infilare nello stesso discorso stato sociale, migranti, sinistra, destra e già che ci siamo un bel po’ di odio verso l’Europa che, si sa, non guasta mai; tutti insieme in un bel calderone ribollente di benaltrismo italico.
Uno Stato New Age quindi in cui ogni cosa è interconnessa alle altre, senza uffici propri e istituzioni preposte; una visione olistica della società in cui tutti si occupano di tutto, senza saperlo fare per altro, e dove alla fine ci si rivolge sempre ad un capo, l’uomo al balcone, che ci dice che tutto quanto c’è di sbagliato e criminale è colpa di qualcuno, cioè della sinistra.
In realtà l’assistenza sociale non è “cosa di sinistra” così come non dovrebbe esserlo l’integrazione etnica dei migranti e la loro accoglienza: figli del socialismo, dovrebbero ormai essere concetti propri di tutti, oltre la politica; sono espressione diretta di umanità e di uno Stato che è presente e al servizio dei deboli e bisognerebbe lavorare per renderlo migliori e per evitare atti criminosi come quelli, se dimostrati, di Reggio Emilia.
Invece ci troviamo ancora a ribattere ai commentatori della domenica, quelli che c’è sempre qualcosa di altro di cui parlare purché non si approfondisca troppo e non si lavori davvero; in una sequela infinita di e allora i terremotati?, e allora i comunisti?, e allora le foibe? e da oggi anche e allora i bambini di Reggio Emilia? e tutto questo avrebbe stancato un bel po’.
Alice Porta