Dal 27 al 29 settembre si terrà a Livorno la quarta edizione del festival Il senso del ridicolo, dedicato all’umorismo, alla comicità e alla satira. Il festival, diretto da Stefano Bartezzaghi e promosso da Fondazione Livorno, è gestito e organizzato da Fondazione Livorno – Arte e Cultura, con la collaborazione del Comune di Livorno e il patrocinio della Regione Toscana. È partner della manifestazione Aedes Siiq, con il supporto di Pictet e il contributo di Siae.
In tre giorni di eventi, attori, autori, filosofi, scrittori, giornalisti, radio-star, letterati e, naturalmente, comici si interrogheranno sul significato del riso e sulla straordinaria funzione illuminante dell’umorismo, della comicità e della satira.
Dal guardaroba alla tavola, dagli oggetti da acquistare alle persone da conquistare, dall’etica all’etichetta ogni evenienza (quotidiana o no, materiale o spirituale che sia) ci ammonisce: il ridicolo è in agguato. Il festival livornese intitolato proprio al Senso del Ridicolo torna così per un’edizione, la quarta in cinque anni, curiosa degli angoli in cui si può annidare il ridicolo, nelle peripezie del costume, del potere, dell’animo umano.
Sono le «vicissitudini tragicomiche del desiderio», ci dice Massimo Recalcati, uno dei più noti psicoanalisti italiani, nella lectio magistralis che venerdì 27 settembre, alle ore 17.30 in Piazza del Luogo Pio, inaugura il festival. Si oscilla fra il dolore e la farsa e gli umoristi sono coloro che sanno come approfittare dello slancio dato dal polo del tragico per sospingere il pendolo verso il polo del ridicolo. Era quello che sapeva fare forse meglio di tutti Achille Campanile, un inarrivabile campione dell’umorismo italiano del Novecento, di cui, sempre nella serata inaugurale di venerdì 27 settembre, alle ore 21 in Piazza del Luogo Pio, ascolteremo alcune pagine lette con l’ironica maestria di Anna Bonaiuto. Sono pagine dedicate a figure femminili, in particolare a mogli irragionevoli e scorbutiche, secondo uno stereotipo profondamente radicato. E d’altra parte non sono proprio i luoghi comuni, i cliché, gli stereotipi a costituire la base dell’umorismo?
Scozzesi avari, donnine disponibili, uomini infoiati, tedeschi rigidi, suocere arpie, Pierini insolenti… Per capire come mai per farci ridere occorre fare ricorso a un patrimonio di idee fisse, e spesso sbagliate, abbiamo la fortuna di poterci rivolgere a un attore di comprovata arte verbale che è anche un sagace ricercatore di usi e generi popolari come la fiaba, la canzone, l’aneddoto e ora la barzelletta. Ascanio Celestini sta dedicando alle storielle che animano da sempre la nostra convivialità un progetto multimediale, convinto come è che esse possano rivelare a noi stessi il fondo oscuro della nostra mentalità collettiva (domenica 29 settembre, ore 11.30, Piazza del Luogo Pio).
La dimostrazione della potenza dell’oscillazione fra comico e tragico si ha quando si pensa che nell’articolo che scrisse per la morte del suo amico Primo Levi, il grande musicologo Massimo Mila lo definì “un umorista”. La critica più recente ha reso giustizia alla figura di Levi come scrittore e non solo testimone della Shoah: il principale esponente e animatore di questa nuova corrente di critica leviana è Marco Belpoliti, che ha scelto per noi pagine ironiche e umoristiche dell’autore di Se questo è un uomo, pagine che verranno lette da una delle voci teatrali più forti e affermate dei nostri anni, quella dell’attrice Federica Fracassi (domenica 29 settembre, ore 15, Bottini dell’Olio).
Un caso forse inverso è quello di Woody Allen. Il senso del ridicolo gli dedica una rassegna di film curata come ogni anno da Gabriele Gimmelli: tre capolavori che testimoniano di altrettante stagioni della durevole creatività di Allen, nel tempo in cui un’ingiustificabile censura sociale è riuscita a mettere in ombra (speriamo solo momentaneamente) una stella di tale magnitudo (venerdì 27 – sabato 28 – domenica 29 settembre, ore 21, Teatro Vertigo). A parlare del caso-Allen sarà la scrittrice Nadia Terranova, sensibile ai temi della discriminazione sessista, come a quelli della libertà dal più cieco stigma sociale (sabato 28 settembre, ore 11.15, Bottini dell’Olio).
Ma fra tutti gli stereotipi, comici o drammatici, quello che nella circostanza è forse il più pertinente è il blasone di “maledetti” assegnato – per spirito, espressione, inclinazione al dissenso – ai livornesi. Solo un modo di dire? A provare a rispondere sarà lo scrittore, musicista e cantante Bobo Rondelli, assieme alla giornalista Eva Giovannini, anch’essa livornese (sabato 28 settembre, ore 12.30, Piazza del Luogo Pio). Come livornesi saranno le persone che verranno a raccontarci la loro livornesità, sollecitate da un habitué del festival, l’attore, conduttore radiofonico e animatore di narrazioni collettive Matteo Caccia (domenica 29 settembre, ore 18.45, Piazza del Luogo Pio).
Per una popolazione africana, il mondo si divideva in “cose vere” e “cose da ridere”. Le “cose vere” erano le storie degli dèi raccontate dai sacerdoti; le “cose da ridere” erano tutte le altre, le vicende della vita di tutti i giorni. “Cose da ridere” sono allora gli oggetti di design, seri eppure ridicoli, raccolti da Chiara Alessi (sabato 28 settembre, ore 10, Bottini dell’Olio). Sono le stravaganze più esilaranti della moda, selezionate da Sofia Gnoli (domenica 29 settembre, ore 10, Bottini dell’Olio). Sono le nostre infinite attenzioni al cibo, fra la squisitezza e la ghiottoneria, argomento delle sapienti digressioni di Bruno Gambarotta (domenica 29 settembre, ore 17.30, Piazza del Luogo Pio). Sono le stesse regole di bon ton, con i consigli per ben figurare in società e quelli per trovare marito, oggetto di un dialogo fra due collezioniste di manuali di galateo come l’attrice Maria Cassi e la giornalista Irene Soave (sabato 28 settembre, ore 18.30, Piazza del Luogo Pio).
Per tutto il giorno cerchiamo di evitare di cadere nel ridicolo; per riposarci cerchiamo in tv, al cinema, a teatro, nei libri nuove cose da ridere. Ma chi è poi l’autore comico? Quali sono le sue doti? In cosa consiste il suo “mestiere”? Il festival si interroga su questa figura, accoglie opinioni in merito tramite i social network e, in un incontro in collaborazione con SIAE, ne discutono Stefano Andreoli, autore e animatore del sito Spinoza, Marco Ardemagni, Stefano Bartezzaghi, Sara Chiappori e l’attrice Pilar Fogliati (sabato 28 settembre, ore 17.15, Bottini dell’Olio). Sulla Rete e alla radio quest’ultima è emersa come dotata riproduttrice di accenti e mentalità tipiche delle diverse zone e classi sociali di Roma, e non solo di Roma; un talento appena emerso, con cui parleremo anche di Roma come capitale della comicità italiana, volontaria e no (sabato 28 settembre, ore 15, Bottini dell’Olio). Ancora Pilar Fogliati aiuterà a mettere a confronto la Roma di un tempo e la Roma di oggi, partecipando come lettrice all’incontro con il giornalista e studioso Filippo Ceccarelli (sabato 28 settembre, ore 16, Bottini dell’Olio). Cronista di decenni di politica italiana, Ceccarelli è un appassionato conoscitore dei sonetti di Giuseppe Gioacchino Belli, che definisce “invincibile maestro di scettico sarcasmo e amara dissacrazione”: papi e re d’epoca a confronto con i governanti di oggi, in un romanesco secolare che ha la sonorità di una lingua classica e la freschezza di un idioma che tuttora riecheggia nelle strade.
L’ospite d’onore di quest’anno è un attore che è lecito definire straordinario, e proprio nel senso letterale dell’aggettivo. Extra-ordinario per la sua capacità di uscire dal consueto, superare la propria stessa espressione e la propria fisicità per liberare le energie di una comicità fatta non tanto di battute quanto di una condizione esistenziale. Silvio Orlando in un’occasione rara e quindi preziosa ha accettato di raccontarsi dal palco del Teatro Goldoni al direttore del festival Stefano Bartezzaghi e alla critica teatrale Sara Chiappori (sabato 28 settembre, ore 21, Teatro Goldoni).