Nelle diocesi di Lucca e Prato si sono concluse le celebrazioni per i 200 anni dalla nascita di San Antonio Maria Pucci. Il bel libretto di padre Paolo Orlandini permette di conoscere la vicenda umana e spirituale di questa figura esemplare, di vita al servizio del prossimo e della propria comunità.
Eustachio Pucci, secondo di otto figli, nacque da poveri contadini il 16 aprile 1818 a Poggiole di Vernio, allora diocesi di Pistoia. Siccome suo padre era anche sacrestano, fin da piccolo Eustachio imparò a seguirlo in chiesa e a frequentare la canonica, dove don Luigi Diddi impartiva lezione ai bambini della frazione che non aveva la scuola comunale. Di carattere docile e mite, dopo la scuola, si sedeva accanto alle sorelle per aiutarle nel lavoro alla rocca e al fuso. In parrocchia non si risparmiava nell’aiutare il babbo nel curare il decoro della chiesa, prendere parte alle funzioni, accostarsi alla Comunione e nutrire una tenera devozione alla Santissima Vergine.
Un giorno, di ritorno dal Santuario di Boccadirio, a 12 chilometri circa da Poggiole, confidò a Don Luigi: «Io sono deciso di abbandonare il mondo e di entrare in convento. Lei non mi abbandoni; continui ad essere il mio sostegno e la mia guida. Però le confido di voler entrare in un Ordine che in un modo o in un altro sia consacrato alla Madonna. Voglio dare a lei la mia anima e tutto me stesso». Il cappellano conosceva l’Ordine dei Servi di Maria fondato nel 1233 da sette pii mercanti fiorentini sul Monte Senario. Quando lo volle accompagnare al convento della Santissima Annunziata a Firenze (1837) il padre si oppose perché quel suo figlio, ormai diciottenne, era già in grado di aiutarlo nelle fatiche dei campi. Da buon cristiano, però, si arrese ai disegni che Dio aveva sopra il suo Eustachio.
Al termine del noviziato Fra Pellegrino Romaggi disse di lui: «Ha sempre dimostrato un carattere buono, schietto e sereno; ha dato molte prove della costante sua ubbidienza, umiltà e pietà; come pure ha dimostrato un grande impegno nello studio e nell’adempimento di tutti i suoi doveri, per cui non ho avuto mai occasione di dubitare della sua vocazione allo stato religioso». Il Pucci poté così continuare per altri cinque anni gli studi nel convento di Monte Senario, dove nel 1843 fece la professione solenne col nome di Antonio. Lo stesso anno fu ordinato sacerdote a Firenze, nella chiesa di San Salvatore.
Inginocchiato ai piedi del Crocifisso esclamò: «Signore, non sono degno! Signore, non sono degno!».
I superiori nel 1844 mandarono Padre Antonio Pucci a Viareggio, in diocesi di Lucca, nel nuovo convento, a disimpegnare le mansioni di viceparroco. Fino all’ultimo giorno di vita egli fu nella parrocchia di Sant’Andrea un miracolo vivente di attività e di risorse apostoliche.
I parrocchiani s’entusiasmarono subito di colui che chiamavano il Curatino perché, piccolo di statura e di corporatura. Una volta lo videro assorto in preghiera dinanzi all’altare della Deposizione per tutta la notte fra il Giovedì e il Venerdì Santo; lo ammirarono durante le processioni del Corpus Domini fissare con occhi velati dalle lacrime l’Ostia Santa che portava alta tra le mani; lo contemplarono stupiti sollevarsi un palmo da terra al momento della consacrazione nella Messa, o camminare senza posare i piedi sul suolo mentre si recava a far visita agli infermi.
Quando i Servi di Maria
giunsero a Viareggio (1841), v’instaurarono il culto alla Madonna
Addolorata. Appena il Curatino ebbe preso possesso della parrocchia
(1847), la pose sotto la protezione di lei e fece della Compagnia di
Maria Santissima Addolorata il suo centro d’azione. Fu tale l’ondata
di fede e di devozione da lui suscitata che non si varava più
nessuna imbarcazione senza una solenne funzione alla Vergine
Santissima e la benedizione del Padre Pucci.
A quei tempi la
popolazione di Viareggio era costituita in gran parte da pescatori, e
non erano pochi i ragazzi che dovevano seguire il babbo sul mare per
aiutarlo e imparare il mestiere. Eppure al ritorno delle barche sul
far della sera il Curatino trovava il modo di andare loro incontro
per istruirli nelle verità della fede, radunarli attorno a sé la
domenica per prepararli meticolosamente alla prima Comunione.
Nel 1853 fondò inoltre le Suore Mantellate Serve di Maria per l’educazione delle fanciulle, istituì il primo ospizio marino per i bambini malati poveri. Inoltre introdusse altre Organizzazioni già esistenti, tutte dedite alle opere di carità.
La prima Comunione dei
bambini non rappresentava una meta definitiva per lo zelante pastore,
ma solo una tappa nel cammino della vita. Infatti, abile
organizzatore qual era, fondò per i giovani la Congregazione di San
Luigi per avere dei cooperatori che arrivassero dove non poteva
arrivare lui. Per mantenere salda la fede nelle famiglie e nella
società fondò la Pia Unione dei Figli di San Giuseppe con proprio
oratorio. Al patrocinio di San Giuseppe raccomandava gli ammalati
della parrocchia, al capezzale dei quali si recava dopo aver pregato
a lungo davanti a Gesù Sacramentato, senza aspettare che fossero
gravi. Entrava nelle famiglie di tutti, ma preferiva le stamberghe
dei poveri nelle quali portava pane e carne, brodo e latte, lenzuola
e coperte e persino i materassi, se di questi c’era bisogno. Come
religioso non possedeva nulla. Ed allora eccolo una volta dare ad un
povero vecchio il suo mantello e ad un altro persino i suoi calzoni.
Durante un’ondata di colera non si concesse un attimo di riposo. Passava infaticabilmente da una casa all’altra. Di notte dormiva vestito sopra una branda che aveva fatto mettere in archivio per essere pronto ad ogni chiamata. Quando i colpiti dal morbo cadevano per terra all’improvviso, sulle piazze e per le strade, mentre tutti se la davano a gambe inorriditi, il Curatino si avvicinava premuroso, se li caricava sulle spalle, vivi o morti che fossero, e li portava al coperto per le cure del caso. «Lei vuol morire per forza», gli dicevano. «La morte – sospirava lui – Oh! Sia la benvenuta se mi sorprenderà sulla breccia e se mi farà cadere nella fossa insieme con il mio fratello». I viareggini esclamavano allora stupiti: «Se non va in Paradiso lui, non ci va nessuno».
Dopo aver soccorso un
ammalato in una notte fredda e tempestosa, si ammalò di una
polmonite fulminante che lo portò alla morte il 12 gennaio 1892.
Sepolto nel cimitero comunale, il corpo del santo “curatino” fu
traslato il 18 aprile 1920 nella stessa chiesa di s. Andrea dove
aveva trascorso il suo lunghissimo periodo di parroco.
Pio XII il
12 giugno 1952 lo proclama beato e papa Giovanni XXIII lo proclama
santo il 9 dicembre 1962.
Sant’Antonio Maria Pucci, il Pastore buono, il servo dell’addolorata, il padre dei poveri di Paolo M. Orlandini, Editrice Velar 2019.
Lorenzo Mercatanti