Per i musulmani il Corano è la base del diritto, della cultura e della vita religiosa ma soprattutto è la parola piena e definitiva di Dio. Di seguito alcuni spunti a partire dall’edizione Mondadori introdotta, tradotta e commentata da Federico Peirone.
Sura XCII – Voto di culto sincero
Inneggia: “Lui! Il Dio! Egli è unico!
Il Dio è il samadu.
Non genera e non è generato.
Nessuno gli è uguale”.
Da molti definito il cuore dell’Islam, affermazione dell’unicità di Dio e rifiuto di ogni accostamento alla divinità, questa sura ha un’importanza inversamente proporzionale alla sua brevità; la tradizione racconta che il Profeta raccomandava di recitarla cento volte al giorno. Fonte di benessere e di forza contro il male, afferma che Dio è l’eterno rifugio in tempo di avversità. Samadu è un termine di difficile traduzione, di significato molteplice con numerose implicazioni teologiche, tra cui eterno, assoluto, incorporeo, compatto, omogeneo, soccorritore e altri ancora a sottolineare il mistero insondabile della natura divina ma anche la sua pienezza e indivisibilità.
Il quarto versetto, conosciuto nelle assemblee liturgiche come proclamazione dell’unicità divina, viene riportato in epigrafi, medaglie e monete.
Maometto: il profeta
Nel 613, nella città araba della Mecca, un certo Muhammad (italianizzato in Maometto), mercante di successo sposato alla ricca vedova di un commerciante, inizia la predicazione pubblica.
Era nato nel 570 da una famiglia agiata, rimasto presto orfano di entrambe i genitori, affidato prima al nonno quindi a uno zio che lo aveva condotto con se nelle sue attività commerciali, dando così al nipote l’opportunità di fare incontri e conoscere altre culture e religioni, in particolare l’ebraismo e il cristianesimo. Gli stessi viaggi, di natura commerciale, erano continuati, come parte integrante della sua vita, anche dopo il matrimonio con la moglie Khadigiah fino a quando, all’età di quarant’anni, aveva vissuto una profonda crisi spirituale. Combattuto tra la mondanità della propria vita e il sentimento di un profondo timore di Dio, si era più volte ritirato nel deserto vivendo straordinarie esperienze mistico religiose che gli avevano chiarito quella che sarebbe diventata la sua missione di profeta: la sua anima viaggiò fino a Gerusalemme e nell’aldilà; in sonno l’arcangelo Gabriele tradusse per lui la Sacra Scrittura.
La predicazione da parte di Maometto a un solo e unico Dio, in un contesto legato a culti politeisti e animisti, è sentita con ostilità dalla sua stessa tribù fino a quando, nel 622, Maometto è costretto a emigrare a Medina: diventerà il primo anno del calendario islamico.
Maometto è un capo politico e religioso capace di muovere guerra alla sua tribù e riconquistare la sua città natale. Delle sue vicende, così come delle sue idee e modi di comportarsi, non si sa quasi niente dal Corano, lo apprendiamo dalla Sunna (letteralmente consuetudine, norma e, più liberamente, via lungo la quale si è soliti andare, tradizione), fissata negli hadit, le narrazioni sulla vita del profeta, costituiti ciascuno, oltre che di un contenuto specifico, della catena di tutti coloro che lo hanno trasmesso fino a risalire ai compagni del profeta , a garanzia definitiva della sua autenticità. Risulta evidente l’errore, fatto in passato, di definire maomettani i musulmani, poiché al centro della fede non vi è Maometto, che non si ritiene né Dio né figlio di Dio, ma il profeta che dice di mettere al centro della propria vita l’unico vero Dio; Islam è la dedizione a quest’unico Dio e alla sua parola, rivelata al profeta e poi trascritta nel Corano.
Sura XCVI – Il sangue rappreso
Grida, in nome del tuo Signore, che ha creato,
Che ha creato l’uomo da un grumo di sangue!
Grida! Che il tuo Signore è il generosissimo!
Colui che ha insegnato l’uso del qualan (penna),
Ha insegnato all’uomo ciò che non sapeva.
Per la tradizone sono i versi recitati da Maometto in seguito all’apparizione dell’arcangelo Gabriele, un comando che rivela da subito come protagonista, al di là della visione e di Maometto stesso, la parola; parola di cui Maometto non è l’autore ma che gli è stata data. Nel Corano il credente non vi trova il contenuto di un messaggio divino espresso da Maometto col suo linguaggio, ma la parola originaria e piena di Dio. Leggere il Corano, per il credente, significa essere alla presenza di Dio.
Sulla base di questo racconto gran parte degli studiosi musulmani considera la sura XCVI come la prima rivelazione data a Maometto.
La parola Corano
Il termine Corano deriva dall’arabo quara’a (lettura; recitazione) che, a sua volta, si rifà a un termine siriano col quale si indicava la recitazione salmodica della Bibbia; Corano significa quindi “recitazione salmodiata”, è il libro arabo che i devoti musulmani sono tenuti a leggere regolarmente, che viene recitato nelle moschee durante le funzioni, una recitazione che deve essere opportunamente imparata come una vera e propria arte. Re-citare è per antonomasia il modo di sottomettersi alla parola, per il credente musulmano di sottomettersi a Dio; Maometto recitava, una recitazione che immediatamente si faceva preghiera, e invitava a fare altrettanto, come modo fondamentale per trasmettere, conservare e unire la comunità a quanto gli era stato rivelato.
Sura I – prologo
Prologo del Corano, è la sura introduttoria il cui inizio che recita, “Nel nome di Dio, clemente e misericordioso”, viene riperuta al principio di tutte le altre sure, tranne che della nona. È la formula della basmala o invocazione del nome divino, Dio che protegge colore che sono a lui sottomessi. La prima parte della basmala, nel linguaggio popolare è ripetuta migliaia di volte, tanto da passare progressivamente a una secolarizzazione pari agli occidentali perdio, perdiana e simili.
La sura I, a differenza delle altre di carattere narrativo, è una vera e propria preghiera imparata da ogni fedele fin da bambino, ripetuta più volte al giorno nella preghiera; considerata la sura della guarigione tanto da che le più antiche autorità coraniche raccomandavano che i malati bevessero dell’acqua in cui era stata prima immersa una pergamena riportante tale brano; recitata dai familiari a suggellare la decisione di unirte in matrimonio due giovani e nelle festività fino a pronunciarla, per l’ultima volta, prima di morire.
È il riassunto di tutto il Corano.
Il Corano: il testo scritto
A differenza dei libri sacri, scritti sotto ispirazione divina, il Corano è un libro di rivelazione , testo che Maometto si è sentito dettare nell’arco di vent’anni, avendo cura di trasmetterlo e di custodirlo nella sua memoria. I suoi seguaci, una volta ricevuto il messaggio da Maometto, lo memorizzavano e in alcuni casi lo trascrivevano, tenendo presente che nessuno riceveva il messaggio in modo completo, si originarono una serie di varianti e differenziazioni che, alla morte di Maometto, resero necessario il fissare un testo canonico completo. Si ebbero così diversi compendi non sempre concordi, fino a un testo unico, frutto del comfronto tra le principali stesure, a cui si arriva grazie alla commissione di esperti voluta dal terzo califfo Othman, un testo imposto non senza resistenze e giunto fino a noi.
Nella sua forma definitiva il Corano si presenta diviso in 114 capitoli (denominati sure) composti da versetti denominati aya per un totale di 80.000 parole. Le sure, ad eccezione della prima, sono ordinate secondo la loro ampiezza dalla maggiore alla minore, ciascuna di esse ha un nome, legato al contenuto o al ricorrere di una determinata parola. La venerazione dei i musulmani per il testo scritto contenente la parola di Dio è arrivata a credere come divino anche il materiale di cui è fatto, in virtù di ciò lo si può toccare a seguito di un’adeguata purificazione delle mani, non può essere ceduto a non musulmani e , tra questi, non può essere oggetto di vendita ma esclusivamente di dono.
Sura V – La mensa
In questa lunga sura vi si legge che Dio stesso ha definito il libro come perfetto.
Oggi ho reso la vostra religione perfetta; la mia grazia su di voi è compiuta; mi è piaciuto darvi per religione l’islam (Cor., V,3).
Gli studi delle religioni ritrovano in queste parole un rimando al mito del libro celeste, cristallizzazione della parola di Dio, per l’Islam discesa in epoche diverse sui grandi profeti quali Mosè, Davide, Gesù e infine su Maometto, lo stesso parla di due tipi di Corano, uno eterno e celeste e l’altro terreno, che gli è stato trasmesso in successive rivelazioni.
In quanto ultima presentificazione della scrittura celeste, per l’Islam il Corano è il più perfetto e criterio di verità per le scritture precedenti, già in questa sura si racconta una prima volta di Mosè, si parla di Gesù come grande profeta ma, allo stesso tempo, si chiede ai cristiani se questo possa bastare a farne un Dio, mettendone in dubbio la persona divina. Di grande impatto il modo in cui viene raccontata la storia di Caino e Abele fino al tardivo e drammatico pentimento del primo.
Il Corano e la sua lingua
In quanto parola definitiva di Dio il Corano ha uno stretto legame con la lingua in cui è stato rivelato, l’arabo, unica lingua in cui i musulmani pregano e leggono il Corano. Ogni traduzione del Corano è pertanto da intendersi per fini puramente didattici. Consentita in origine la sola lettura letterale, a seguito di un lungo percorso, l’Islam ammette l’interpretazione allegorica di diversi passi e una moderata interpretazione letterale. Prima di iniziarne la recitazione il credente deve pulire i denti e purificare la bocca per poter così diventare “sentiero” del Corano; deve altresì indossare gli abiti migliori e guardare verso la Mecca, isolarsi per non rieschiare di essere interrotto, fermarsi qualora dovesse sbadigliare, perchè lo sbadiglio è causato da Satana e la recitazione comincia con la formula “Mi rifugio in Dio dal maledetto Satana”.
Sura II – La vacca (versetti 3-4)
che non nutrono dubbi sulla realtà invisibile,
che pregano nel tempo stabilito,
elemosinieri di ciò che loro abbiamo donato,
che credono al messaggio a te inviato e a ciò che prima di te fu rivelato in tempi antichi
e soprattutto hanno una fede incrollabile nella vita futura.
In questi versetti l’essenza della fede musulmana: il Dio trascendente; la dignità del profeta Maometto; l’obbligo della preghiera ufficiale e dell’elemosina rituale; la successione delle rivelazioni profetiche; l’escatologia finale. Il versetto del trono (2; 255) è tra i più frequentemente ripetuti dai credenti nei momenti di crisi e di incertezza, vi si afferma in modo totale l’autonomia della sovranità di Dio, «il vivente che di se vive…».
Il Corano e la vita dei musulmani
Il Corano permea la vita del credente musulmano, è via di salvezza e norma del giusto comportamento, base del diritto, della vita religiosa e culturale. Ai bambini viene insegnato sin dalla più tenera età, alcuni versetti vengono loro sussurrati all’orecchio quando ancora sono neonati e, appena in grado di parlare, iniziano a imparare a memoria sure sempre più lunghe e in taluni casi l’intero Corano, evento che il gruppo dei familiari celebra con la gioia festosa e la solennità dovuta al compimento di un dovere sacro, sapendo che colui in grado di recitare bene il Corano può portare felicità a chi lo ascolta, abbandonandosi al suono delle sue parole, gode inoltre di uno speciale favore di Dio, secondo la tradizione che assicura riguardo la protezione dalle afflizioni di coloro che ascoltano il Corano e, protetto dalle insidie del mondo, colui che lo recita, in cui Dio ha fatto dimorare la sua parola.
Con la morte cessano tutti gli obblighi rituali eccetto la recitazione del Corano, gioia per chi è in Paradiso; recitare l’intero Corano non è solo fonte di benedizione ma costruzione della propria vita e del proprio carattere sull’esperienza del divino, alla ricerca della vera giustizia. «Viaggiatore immobile» è per il profeta colui che legge il Corano dall’inizio alla fine per poi ritornare al principio e, fatta una pausa, ripartire di nuovo con la lettura.
Versetti del Corano sono trascritti e impiegati per costruire amuleti che possono sia proteggere dal male un bambino appena nato ma anche servire a spezzare il legame tra due persone, oppure trascritti su veicoli, negozi, edifici pubblici e sulla porta di casa a garantire protezione e a esprimere gratitudine a Dio; l’ignoto non fa paura se, seguendo un apposito rituale, il credente prega il Corano e lascia che gli parli; il momento della sepoltura, dopo aver chiuso gli occhi al defunto e recitato «non c’è Dio se non il Dio» , si conclude con la lettura della sura XXXVI – Ya Sin.
Il Corano, introduzione, traduzione e commento di Federico Peirone, Oscar Mondadori, Milano 1984.
Lorenzo Mercatanti