Sebbene siano tante le volte in cui sono stata al Canalicchio, non ricordo con chi, anche se l’arco di tempo va dall’età scolare, ai trent’anni.
Chiusa la scuola, si passava l’estate fino alla ” Madonna a stidda” l’8 settembre, in montagna.
La mattina, la sveglia non suonava, sicchè‚ sazi di sonno, la colazione si faceva all’ombra di un albero di ulivo, con la granita alla mandorla della mamma e il pane del giorno prima tagliato a striscioline; in quel momento si decideva cosa fare… dove andare… “andiamo in montagna, o’ Canalicchiu”!
Il sole era già alto, l’unica cosa che portavamo era un bastone per i rovi e i serpenti.
Diverse erano le proprietà private da attraversare per raggiungere la nostra meta, con il timore di essere scoperti.
La prima sosta: all’ombra di un grandissimo Carrubo, di cui mangiavamo i frutti e ne preparavamo un mucchietto da portare a casa al ritorno. Le carrube insieme ai fichi secchi, mele secche, bucce d’arancia secche e zucchero, sarebbero serviti a settembre a fare il “decotto” da mettere nella botte con il vino: questo gli avrebbe dato un gusto corposo e un
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Letizia Di Benedetto