Poche possibilità di successo e la Regione Toscana abbassa di 3 anni l’età nella quale le donne possono sottoporsi a fecondazione assistitita, sia eterologa che omologa, a carico del servizio pubblico. L’età massima passa da 46 a 43 anni. Rimane invece a 46 anni il limite per la fecondazione eterologa femminile.
Le ragioni sono spiegate in una nota della Regione stessa.
I professionisti del Comitato strategico regionale per la rete sulla prevenzione e cura dell’infertilità hanno riportato che le possibilità di successo della PMA (Procreazione medicalmente assistita) omologa delle donne di oltre 43 anni sono estremamente rare, sottolineando le conseguenze negative, sul piano sia psicologico che fisico, a fronte di un’aspettativa non soddisfatta e della necessità di sottoporsi a trattamenti farmacologici impegnativi. In sintesi, usare i propri ovuli dopo i 43 anni ha probabilità molto scarse che la PMA vada a buon fine. Quindi, sulla base di questo autorevole parere, e a garanzia dell’appropriatezza dell’offerta, la Toscana ha preferito porre il limite dei 43 anni. Mentre per la fecondazione eterologa femminile viene mantenuto il limite di 46 anni.
Viene inoltre definito a livello regionale un tempo di attesa massimo di 90 giorni per i residenti (inteso come il tempo prospettato all’utente al momento della prenotazione) per effettuare la prima visita per la procreazione medicalmente assistita (codice 1025). Nel caso in cui da parte del Centro di PMA al quale si è rivolto l’utente non sia possibile assicurare la visita entro questo tempo massimo, l’Azienda dovrà attivare i “percorsi di tutela”, in particolare con la ricerca presso altre strutture aziendali o private convenzionate o, nel caso in cui non sia possibile neppure in questo modo, attraverso il numero verde regionale che rientra nel Piano di governo regionale delle liste di attesa.