Martedi 15 ottobre alle ore 21 si inaugura l’installazione Passi teribili di Vittorio Corsini, site specific per la chiesa di Santa Verdiana a Firenze.
«Relazionandomi alla Bauhaus -dichiara l’artista- presento un lavoro che sposta il centro dell’intelligenza, dalla testa ai piedi,facendo in modo che il nostro camminare, il nostro muoverci fisico produca un senso, produca uno stato che la nostra intelligenza speculativa razionale, non riesce a produrre. Il pensiero non può produrre la cancellazione di una parola, non esiste la “non casa”, possiamo smontare un pensiero, una parola come razzismo, possiamo cioè cercare di contenerlo con un’attività razionale, di pensiero, ma non riusciamo a eliminarlo. L’attività, il movimento può invece intervenire ad un livello più profondo, più consistente, che elimina fisicamente e quindi con tutto il corpo qualcosa, come una sorta di espulsione di una tossina».
Corsini ha improntato su questi argomenti il workshop che ha svolto con gli allievi del Tearc: prima una carrellata su alcune sue opere realizzate negli anni scorsi su tali temi e poi il lavoro per cercare qualcosa che attraverso la distruzione trovasse la sua realizzazione, la sua pienezza.
Come dire che il lavoro sarà finito una volta distrutto .
La ricerca di Vittorio Corsini si estende attraverso tre decenni di intensa attività nel campo della scultura e dell’installazione; fin dagli inizi si concentra sul concetto e sui modi dell’abitare, sulle dinamiche che interessano la vita negli spazi domestici e negli spazi pubblici e sullo spazio fisico come metafora di incontro tra l’individuo e la collettività. Essenziale nelle forme, il lavoro di Corsini si fa tramite di un contenuto emozionale e genera le condizioni per una diversa esperienza del quotidiano. Nel corso degli anni numerosi interventi di arte pubblica nello spazio urbano hanno visto l’artista a lavoro in centri abitati con la realizzazione e la progettazione di cortili, fontane, giardini pensati come generatori di incontri e sorti come effetto di pratiche ordinarie o abitudini consumate dagli abitanti locali. “Abbiamo bisogno di attivare nuovi territori, afferma Corsini, l’artista è come un esploratore che rende visibili quei nuovi territori, che oggi sono fatti non tanto di materiali, tecniche, linguaggi, quanto piuttosto di modi, rapporti, energie (…) La scultura pubblica per me è qualcosa che attiva uno spazio; è importante che l’opera funzioni, che si possa attraversare, che sappia dialogare che possa assumere una dimensione umana e sociale, di scambio e di relazione”.