Legata a una sbarra, come crocifissa, per essere torturata a morte. È la fine della giovane prostituta rumena, Andrea Cristina Zamfir, trovata alla periferia di Firenze, ormai priva di vita, nella posizione in cui l’ha lasciata, dopo avere infierito su di lei, l’assassino. Un sadico. Un maniaco. Un potenziale (o effettivo) serial killer. Anche perché, già lo scorso anno, identico il luogo, un’altra prostituta era riuscita a sopravvivere. Le stesse circostanze, la stessa sbarra, la stessa crudeltà.
Non solo. Tra Prato e Firenze potrebbero essere addirittura 7 i casi analoghi. Su alcuni indaga proprio la Procura della Repubblica pratese, che dal 2009 a oggi ha raccolto elementi del tutto simili, su casi pressoché identici affidati alla polizia o, quando avvenuti nella zona di Calenzano, ai carabinieri della compagnia di Signa.
Altri due, a quanto pare, i casi fiorentini. Quello della donna torturata con un palo di legno ma sopravvissuta anche grazie alle sue urla. E quello di una ragazza, che ha detto di chiamarsi Martina e cha ha riferito all’agenzia Ansa di essere caduta nelle mani dell’aguzzino, allontanato in un caso con la forza della disperazione, dopo aver capito che l’avrebbe seviziata, massacrata forse con un paio di tenaglie. Un uomo incontrato di nuovo, a suo dire, d’età compresa tra i 50 e i 60 anni, alto.
Gli inquirenti suppongono che l’assassino, il maniaco non sia di statura considerevole.
S’indaga a tutto campo. Dell’omicidio della ragazza, 26 anni e madre di una bimba, si occupa il pm fiorentino Paolo Canessa. Valuterà anche gli atti pratesi, porrà tutta la sua esperienza, lui che ha indagato sui delitti del mostro di Firenze, al servizio dell’indagine. Le altre prostitute si sono salvate. La ragazza torturata e uccisa lunedì, in piena notte, no. Forse, un’emorragia interna e nessuno che abbia risposto ai suoi lamenti, e un corpo, si dice, indebolito dalla droga, non le hanno permesso di farcela. A ucciderla, però, è stato il maniaco. Da reperti raccolti in questa e in altre circostanze, grazie al Dna, polizia e magistrato capiranno se ha sempre agito la stessa mano o, addirittura, se si tratti dell’opera di più persone. Il che non è escluso a priori ma neppure, allo stato delle indagini, probabile.
I delitti del mostro di Firenze tornano a mente. Non solo perché indaga un magistrato che ha dedicato anni di lavoro ai “compagni di merende” e ad altri delitti, irrisolti, che hanno talvolta visto prostitute e altre donne tra le vittime. Omicidi legati, secondo molte ipotesi, proprio al mostro di Firenze e a quello, o quelli, che sarebbero stati i suoi mandanti.
Tre ragazze uccise a Prato e a Pistoia, una quindicina d’anni fa, rappresentano un caso chiuso. Le uccise, nel volgere di due mesi, Maurizio Spinelli, ritenuto parzialmente capace di intendere e volere e condannato in primo grado a 23 anni. Il 20 luglio 2000 uccise, colpendola al cuore con un coltello, Ntalia Topala, Moldava, con la quale si era appartato a Galcetello. Il 2 agosto, nei pressi della stazione di Calenzano, la stessa sorte toccò a Rudina Xelo, albanese di 23 anni. Alla fine di settembre dello stesso anno, il coltello si accanì, alle porte di Pistoia, su Olga Frunze, moldava, con la quale l’assassino si era appartato nei vivai della zona di Chiazzano.
Incidente mortale è quello, stando alle indagini, nel quale trovò la morte Mara Blerina, a metà degli anni Novanta. Ventenne, albanese, fu vista cadere da un’auto che a folle velocità stava fuggendo dalla polizia. Si ipotizzò anche che la ragazza fosse stata gettata di forza dallo sportello del passeggero per fermare la corsa degli agenti. La verità, quella che si è potuta accertare, dice invece che avrebbe trovato la morte cercando di scendere, di fuggire dall’auto.