Tessuti

Silli: «Tessile stagionale, rischio di vendere a un decimo del valore»

Le macchine della provincia di Prato sono in gran parte spente. Il distretto tessile, spina dorsale economica della città, rischia di finire in ginocchio. Orditure, lanifici, tessiture tutto chiuso e non si sa per quanto. Ne abbiamo parlato con Giorgio Silli, parlamentare pratese di Cambiamo che, insieme ad altri colleghi, ogni giorno discute col governo dei provvedimenti per sostenere attività e famiglie.

Il tessile è stagionale e deperisce, in un certo senso, come le piante dei vicini pistoiesi, questo stop forzato che conseguenze avrà per il nostro territorio?

«I prodotti tessili, non tutti, ma in larghissima parte, sono legati alla stagione e alla moda quindi diventa doppiamente difficile rivendere delle merci non vendute nel momento opportuno. È chiaro quindi che se un’azienda sta chiusa per un certo periodo di tempo o ha prodotto del materiale invernale o estivo, prima di tutto non è sicuro che lo rivenda anche l’anno successivo, perché magari è cambiata la fantasia, il colore di moda e comunque è tutta merce che rimarrebbe invenduta fino all’anno dopo. Questo crea un danno patrimoniale enorme, di immobilizzazione di merce che non si riesce a vendere, quindi a liquidizzare, e qualora fosse passato di moda e dovesse essere venduto a stock rischierebbe di essere venduta ad un decimo del valore iniziale».

C’è chi ha già speso, all’interno della filiera anticipando costi o comunque dando acconti: Come farà?

«Certo c’è chi ha le lettere di credito da spedire e all’interno della filiera c’è chi purtroppo ha la produzione a metà. Il tempo di consegna per il programmato che è mediamente di 6/8 settimane è chiaro che ci sono tante commesse a metà. È tutto capitale immobilizzato che rischia di rimanere lì, anche perché nel frattempo magari il cliente vede scadere la data massima per la spedizione della lettera di credito e cancella l’ordine».

C’è chi, sempre nella filiera, deve riscuotere. Allo stesso modo come farà?

«C’è da capire chi è in buona fede e chi è in male fede. Magari ci sono delle aziende che in buona fede non possono pagare perché magari hanno avuto dei pagamenti e hanno finito il capitale disponibile, e poi rischiano di esserci tante aziende che ci marciano quindi in malafede che approfittano di questo momento per rimandare i pagamenti. Sono già arrivate tante lettere da grandi marchi dell’industria tessile e della moda a livello nazionale che , dubito abbiano problemi di liquidità, che lasciano dei buchi ai nostri lanifici che a loro volta, temo, non subito, ma a breve, rischieranno di non pagare i loro fornitori . Si innesca quindi un effetto domino per il quale l’economia deprime in maniera impressionante. Di fatto dopo la guerra dobbiamo ricostruire perché manca tutto e in questo momento dopo il coronavirus il vero dramma è che l’economia sarà depressa ma, alla gente non manca niente, quindi difficilmente riinizierà a spendere. Temo che ci vorranno tanti, tanti mesi se non anni perché la situazione torni alla normalità».

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