ricercatrice in laboratorio

Vaccino, a giorni i test: prime dosi a settembre

«A fine aprile, in virtù dei dati acquisiti nelle ultime settimane, il primo lotto del vaccino messo a punto dalla partnership Advent-Irbm/Jenner Institute/Oxford University partirà dall’Italia per l’Inghilterra dove inizieranno i test accelerati su 550 volontari sani. Si prevede di rendere utilizzabile il vaccino già a settembre per immunizzare personale ospedaliero e forze dell’Ordine in modalità di uso compassionevole, dapprima nel Regno Unito e poi, se il governo italiano lo riterrà opportuno, anche nel nostro Paese». Lo rivela all’Adnkronos Salute Matteo Liguori, managing director di Irbm SpA, società con sede a Pomezia che sta collaborando, attraverso la sua divisione vaccini Advent Srl, con lo Jenner Institute dell’Università di Oxford (Regno Unito) per la produzione di un siero dal nome provvisorio ‘ChAdOx1 nCoV-19’».

A settembre primi vaccini per categorie a rischio

«È in fase finale – precisa – la trattativa per un finanziamento di rilevante entità con un pool di investitori internazionali e vari governi interessati a velocizzare ulteriormente lo sviluppo e la produzione industriale del vaccino. Parlando a una pubblicazione nel Regno Unito Sarah Gilbert, professore di Vaccinologia all’Università di Oxford sotto la cui responsabilità sono in corso i lavori sul vaccino, ha confermato che avvierà gli studi sull’uomo entro due settimane. I ricercatori hanno dichiarato di aver iniziato a vagliare volontari sani (di età compresa tra 18 e 55 anni) da venerdì, per lo studio che avverrà nella regione inglese della valle del Tamigi. Secondo l’esperta c’è l’80% delle possibilità che il vaccino funzioni», evidenzia Liguori.

Il vaccino italiano

Dei molti progetti in corso all’estero e anche in Italia per trovare uno ‘scudo’ contro il nuovo coronavirus, spiega ancora Liguori, «il nostro ha tre caratteristiche che lo differenziano: prima di tutto, è un progetto interamente finanziato e non, al contrario di altri, in cerca di fondi per partire. Secondo, ci avvaliamo di una piattaforma tecnologica già approvata e provata per altri vaccini. Terzo, abbiamo creato con Oxford un partenariato non certo improvvisato per lo studio di vaccini: i nostri partner hanno una grandissima esperienza nel campo dei coronavirus. Abbiamo affrontato delle difficoltà per l’aumento della diffusione dell’epidemia a livello europeo, ma è fortissimo da parte di tutti il desiderio di accelerare l’avanzamento del progetto in ogni modo. I nostri collaboratori lavorano anche di sabato e domenica, senza sosta: avevamo detto che i test sull’uomo sarebbero iniziati a settembre, mentre tutto si sta muovendo molto più velocemente».
«Specialmente in Inghilterra – continua il manager – l’epidemia sta muovendosi a ritmi sostenuti e una volta che si appurerà che il vaccino non è tossico e non mette a rischio la salute delle persone dal punto di vista degli effetti collaterali, c’è la possibilità che si utilizzi per chi è in prima linea, come medici e forze dell’Ordine. Noi invieremo le fiale che produciamo a Pomezia a fine mese, poi ci saranno i test di fase I-II e se tutto andrà bene l’uso compassionevole inizierà a settembre. Anche l’Italia come nazione potrà renderlo possibile, occorre però che subentri una discussione istituzionale per far sì che possa esserci questo interesse da parte del governo. Se lo si può fare in Inghilterra, lo si può fare anche qui, serve solo il coinvolgimento istituzionale e regolatorio che si devono allineare per renderlo possibile».

Come è nato il vaccino

Il vaccino è costruito utilizzando una versione non ‘pericolosa’ di un adenovirus: un virus che può causare una comune malattia simile al raffreddore. L’adenovirus è stato modificato in modo da non riprodursi nel nostro organismo e inserendo all’interno del genoma adenovirale il codice genetico necessario alla produzione della proteina ‘Spike’ del coronavirus, in modo da permettere all’adenovirus l’espressione di questa proteina in seguito alla somministrazione del vaccino. Ciò comporta la produzione di anticorpi contro la proteina ‘Spike’ che si trova sulla superficie dei coronavirus. Negli individui vaccinati, gli anticorpi prodotti contro la proteina ‘Spike’, possono legarsi al coronavirus che è entrato nell’organismo umano ed impedirgli di causare un’infezione.
«Abbiamo una lunga storia di collaborazione con lo Jenner Institute – precisa il managing director di Irbm – su diversi progetti. Loro stanno lavorando da tempo sui coronavirus in generale, con un progetto che hanno portato ora in fase I contro la Mers. Advent ha invece una speciale expertise sull’adenovirus, che è un vettore virale. Abbiamo unito queste due forze per dare una sensibile accelerazione nel cercare di ottenere il prima possibile un vaccino. Lo Jenner Institute a breve ci farà arrivare il materiale virale per lo sviluppo nei nostri laboratori, che metteremo poi in produzione e che nell’arco di prima dell’estate auspichiamo di trasferire a loro per le fasi successive di sperimentazione».

Barbara Di Chiara
AdnKronos

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