Con l’Italia a capo di una spedizione internazionale, attraverso il #Cnr, L’Urlo di Edward Munch è salvo. Il dipinto del 1910, la più celebre delle diverse versioni realizzate dall’artista norvegese, trova un po’ di pace e tornerà presto godibile. Rubato nel 2004 e ritrovato due anni dopo danneggiato dall’umidità, restaurato e ricollocato al museo Oslo intitolato a Munch stesso, il quadro era stato tolto dalla collezione perché stava sbiadendo. I ricercatori guidati dal Cnr Molab hanno appuato che la causa del deperimento dell’opera è l’umidità e non la luce, come pure supposto.
La ricerca appena conclusa fornisce ai conservatori le indicazioni per esibire permanentemente il dipinto in condizioni di sicurezza: l’esposizione a livelli di umidità relativa percentuale non superiori a circa il 45% e mantenimento dell’illuminazione ai valori standard previsti per i materiali pittorici stabili alla luce, come il giallo di cadmio utilizzato nella tavolozza.
La diagnosi scarutirsce dalla ricerca sul campo. Al Munch Museum di Oslo, i ricercatori hanno impiegato le strumentazioni portatili, basate su metodi non invasivi di spettroscopia, della piattaforma europea Molab. Un vero e proprio laboratorio mobile, come si vede nelle fotografie, coordinato da Costanza Miliani, direttrice dell’Istituto di scienze del patrimonio culturale (Ispc) del Cnr.
A Grenoble, in Francia, sono poi stati effettuati esperimenti con sorgenti ai raggi X su micro-frammenti prelevati dall’opera.
Proprio perché Edward Munch ha realizzato varie versioni di questa opera, tra cui i dipinti datati 1893 e 1910, sperimentando nuove combinazioni di colori, i ricercatori hanno cercato di capire composizione, consistenza, qualità dei colori.
«L’artista ha miscelato diversi leganti, quali tempera, olio e pastello con pigmenti sintetici dalle tonalità vibranti e brillanti per creare colori di forte impatto. Per questo, l’ampio utilizzo di questi nuovi materiali rappresenta una sfida per la conservazione a lungo termine delle opere d’arte del pittore norvegese», spiega Letizia Monico ricercatrice dell’Istituto di scienze e tecnologie chimiche “Giulio Natta” del Cnr di Perugia.
Ma come si presenta la superficie del dipinto sotto la lente scientifica? «La versione del 1910 mostra evidenti segni di degrado in diverse aree dipinte con gialli di cadmio, una famiglia di pigmenti costituiti da solfuro di cadmio – continua Letizia Monico – L’originale colore giallo brillante di alcune nuvole del cielo e del collo del soggetto centrale, appare oggi sbiadito. Nella zona del lago, le dense ed opache pennellate di giallo di cadmio mostrano invece tendenza a sfaldarsi».
La galleria fotografica fra Oslo e Grenoble
Le analisi a Grenoble e i provini pittorici sull’Urlo di Munch
Le microanalisi al sincrotrone – un acceleratore di particella – hanno permesso di individuare che l’umidità è una delle cause principali di degrado dei pigmenti gialli di cadmio del dipinto. A differenza di quanto si pensava, infatti, la luce ha un impatto irrilevante sul deperimento dei pigmenti rivelatisi più stabili alla fonte luminosa di quanto non siano i gialli di van Gogh nella serie dei Girasoli, ampiamente analizzati dallo stesso team Molab-Cnr.
«Lo studio del dipinto è stato integrato con indagini sui provini pittorici di laboratorio invecchiati artificialmente, preparati utilizzando una polvere storica ed un tubetto ad olio di giallo di cadmio appartenuto a Munch, aventi composizione chimica simile al pigmento giallo del lago del dipinto. Lo studio mostra che il solfuro di cadmio originale si trasforma in solfato di cadmio in presenza di composti contenenti cloro ed in condizioni di elevata umidità relativa percentuale; ciò accade anche in assenza di luce», aggiunge Letizia Monico.
La novità dello studio consiste anche nella integrazione di differenti tecniche d’indagine con un approccio che potrà essere utilizzato con successo per esaminare altre opere d’arte che soffrono di simili problemi. «Esistono differenti formulazioni dei pigmenti gialli a base di solfuro di cadmio. Sono presenti nelle opere di Edward Munch ma anche in quelle di altri famosi artisti a lui contemporanei, come Henri Matisse, Vincent van Gogh e James Ensor», osserva la direttice del Cnr-Ispc, Costanza Miliani.