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Estorsione e riciclaggio: le operazioni contestate a De Gregorio e agli altri arrestati

È finito in carcere l’ex senatore Sergio De Gregorio, passato a suo tempo dall’Idv di Antonio Di Pietro all’allora Pdl, al termine di un’operazione contro le estorsioni e il riciclaggio di denario, condotta dalla squadra mobile romana e coordinata dalla Divisione distrettuale antimafia della capitale. Con De Gregorio sono sono stati arrestati due ex membri della Marina militare, Antonio e Vito Fracella, e due donne: Giuseppina De Iudicibus e Michela Miorelli. Ai domiciliari sono invece finiti Vito Meliota e Michelina Vitucci mentre risulta irreperibile, e ricercato, Corrado Di Stefano, destinatario della misura degli arresti domiciliari.

De Gregorio e gli altri indagati sono ritenuti, a vario titolo e in concorso tra loro, responsabili di estorsione aggravata, autoriciclaggio e riciclaggio. In particolare, a Sergio De Gregorio, con la complicità di altri quattro indagati, vengono contestati l’estorsione aggravata ai danni del titolare del bar Enjoy di Via Chiana e l’aver investito le somme derivate dall’attività di estorsione in due società di capitale, la Apron e l’Italia global service, al fine di ostacolare la riconducibilità del denaro all’attività illecita. L’ex senatore è inoltre accusato di aver riciclato i proventi derivanti dalle attività fraudolente di Michela Miorelli, attraverso le società già citate e la Pianeta Italia Srl oltre che con la Ittica italiana srl e l’Italia comunicazione srl, ora con la complicità di alcuni indagati o degli altri.

Le attività di indagine, condotte dalla I Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Roma, coordinate dai Magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia si sono protratte per circa due anni ed hanno consentito di delineare il coinvolgimento degli indagati – il cui punto di riferimento è l’ex senatore De Gregorio attorno al quale ruotano le dinamiche criminali del gruppo – nelle vicende estorsive in danno di due bar della capitale e nel reimpiego di oltre 470mila euro all’interno di società a loro facenti capo.

Nell’aprile 2016, infatti, il gestore del bar “Enjoy” di Via Chiana, ha denunciato una patita estorsione di 80.000 euro. I riscontri effettuati mediante le intercettazioni telefoniche ed ambientali, la visione delle telecamere di videosorveglianza e le dichiarazioni rese dalle parti, hanno consentito di ricostruire la dinamica dell’estorsione, posta in essere attraverso una serie di minacce, tra cui quella di far apporre i sigilli al locale. È lo Schena, braccio destro di Sergio De Gregorio, ad inviare presso il bar Enjoy il Frascella e il Fracella, all’epoca militari in servizio nella Marina militare, per esigere dal gestore la restituzione di 80.000 mila euro, asseritamente dovuti al Di Stefano da una terza persona.

Sul posto è presente anche l’ex senatore, che, preoccupato del possibile coinvolgimento nell’indagine per l’estorsione, si preoccupa di ideare una strategia difensiva e consiglia al Di Stefano di sporgere querela nei confronti del gestore del bar di Via Chiana, per la sottrazione degli 80.000 euro.
Pochi giorni dopo l’estorsione, peraltro, la medesima somma viene investita dal Di Stefano nelle società Italia Global Service e Apron, gestite occultamente, per l’accusa, dal De Gregorio, dallo Schena e dal Frascella.

L’estorsione nei confronti del bar “Surma” di via Flavia, invece, ha inizio dalla cessione da parte di Vito Meliota della licenza del predetto bar, con la contestuale sottoscrizione di una clausola risolutiva espressa che gli consente di recuperare tale licenza in caso di inadempimento dell’acquirente.
Ed è a seguito del mancato versamento di alcune rate che il Meliota, supportato dallo Schena che ha interesse a subentrare nell’affare anche per conto del De Gregorio, inizia a minacciare il gestore del “Surma” per riottenere la licenza.
È lo stesso gestore, nelle dichiarazioni rese, a tratteggiare le minacce ricevute: «Vito è venuto da me e mi ha minacciato e in una circostanza addirittura mi ha aspettato sotto casa”(…) “per pochi giorni ho deciso di chiudere il locale e dopo una settimana sono tornato e ho trovato una catena chiusa con un lucchetto (…) ho consultato gli altri soci ma abbiamo capito che era meglio evitare altre ripercussioni ed andare via mollando tutto (…). In diverse occasioni, infatti, sia Vito che alcuni suoi amici mi avevano consigliato di lasciare il locale e andare via».
Nel gennaio 2017 e dopo aver sottoscritto, dietro minaccia del Meliota e a condizioni assolutamente svantaggiose, un mandato di mediazione per la vendita della licenza del bar, il gestore del “Surma” lascia definitivamente il locale.

La licenza viene poi monetizzata dal MELIOTA, attraverso la vendita alla neocostituita società Pianeta Italia, riconducibile sia al Meliota che al De Gregorio, che anche in questo caso è a conoscenza di tutta la vicenda e si adopera per gestire le questioni pratiche legate alla costituzione della società e alla intestazione delle quote.

Le attività di indagine e in particolare gli accertamenti bancari sulle varie società facenti capo direttamente o indirettamente agli indagati, hanno consentito di risalire all’ingente flusso di denaro transitato sui conti correnti delle stesse e quindi ricostruire le contestate operazioni di autoriciclaggio e riciclaggio.
Tra le società coinvolte, vi è anche la Italia Comunicazione srl che gestisce il magazine online Pianeta Italia News,  “periodico di attualità, politica, cultura e sport” all’epoca dei fatti diretto da Maria Palma, moglie di Sergio De >Gregorio.

Figura chiave nelle operazioni di autoriciclaggio e successivo riciclaggio è quella di Michela Miorelli, commercialista con affari a Milano che, nella primavera del 2016, entra in contatto con  De Gregorio e gli altri sodali. Da suoi conti, partono senza alcuna reale causale oltre 390 mila euro – provento dei reati tributari, di truffa e bancarotta fraudolenta per i quali viene indagata e poi condannata dal Tribunale di Milano nel 2019 – e finiscono sui conti correnti intestati alle società Pianeta Italia srl e Ittica italiana srl, riconducibili al sodalizio.

Nel dicembre 2016, però, la perquisizione eseguita presso l’ufficio della Miorelli all’interno di uno studio legale romano, mette in allarme l’ex senatore che, per timore di esser coinvolto direttamente o indirettamente nell’indagine milanese, si preoccupa quindi di cercare una linea difensiva che possa giustificare le interazioni economiche con la Miorelli, raccomandando ai sodali di eliminare ogni traccia e contatto che potesse portare alla stessa e suggerendo anche cosa dichiarare in caso di accertamenti.
I timori nei confronti dell’indagine milanese emergono chiaramente dalle conversazioni telefoniche tra gli indagati, nelle quali il De Gregorio insiste sul pericolo derivante da una analisi approfondita dei flussi finanziari da parte della Guardia di Finanza e sulla conseguente contestazione del riciclaggio “alle persone fisiche” e non solo alle società.

Le preoccupazioni dell’ex senatore sono legate infatti alle operazioni di riciclaggio compiute a partire dal maggio 2016 e attraverso le quali vengono reimpiegate – con il solo fine di ostacolare l’identificazione della provenienza dai conti della Miorelli e garantirsi vantaggi personali – le somme versate da questa sui conti correnti della Pianeta Italia srl e della Ittica Italiana srl, riconducibili agli indagati.

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