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Muore il leggendario samurai

Il 13 giugno 1645 muore il samurai, scrittore e filosofo Myamoto Musashi. Aveva circa 60 anni.

Myamoto Musashi, noto anche come Shinmen Takezō, Miyamoto Bennosuke o, secondo il suo nome buddista, Niten Dōraku, fu un samurai, maestro spadaccino, ronin(samurai senza padrone), scrittore, stratega e filosofo. Divenne famoso attraverso le storie sulla sua unica scherma a doppia lama e sul suo record imbattuto di 61 duelli all’ultimo sangue a cui prese parte uscendo vittorioso da ciascuno di essi. Considerato un kensei(un “santo-spadaccino” del Giappone), Musashi è famoso anche per aver fondato una propria scuola di scherma, la Niten Ichi-ryū, e per essere l’autore del “Libro dei cinque anelli“, e del Dokkodo(La via della solitudine) scritti entrambi in tarda età.

Figlio di un maestro del arti marziali e maestro di scherma Shinmen Munisai. e nipote di Hirata Shōgen, un vassallo di Shinmen Iga no Kami, il signore del castello Takayama nel distretto Yoshino nella provincia Mimasaka. All’età di sette anni fu cresciuto dallo zio Dorinbo, il quale lo istruì nel buddismo e gli insegnò a leggere e scrivere. Sia il padre che lo zio addestrarono Musashi nella scherma fin da bambino, e Musashi combattè il suo primo duello a 13 anni, come egli stesso scrive nel Libro dei cinque anelli: “Mi sono addestrato nell’arte della strategia fin da giovane, e all’età di tredici anni ho combattuto in duello per la prima volta. Il mio avversario era Arima Kihei, un esperto dello Shinto ryu, e io l’ho sconfitto. All’età di sedici anni ho sconfitto un forte professionista di nome Akyama, il quale veniva dalla provincia di Tajima. All’età di ventuno anni sono andato a Kyoto e là ho combattuto duelli con molti abili spadaccini, ma non ho mai perso.”

A 16 anni partecipò e si batté nella celebre battaglia di Sekigahara (1600) per la fazione sconfitta, quella dei daimyō dell’ovest. Sopravvissuto al massacro di migliaia di guerrieri e all’inseguimento da parte dei nemici, Musashi cominciò un vagabondaggio per il Giappone alla ricerca di avventure e di affermazione personale. Vagò fino ai 29 anni, battendosi per sessanta volte ottenendo sempre la vittoria, anche quando si trovò a combattere contro più avversari contemporaneamente o contro maestri di arti marziali, come i samurai della famiglia Yoshioka, famosi per la loro scuola di spada a Kyōto.

Il suo duello più celebre fu quello combattuto contro Kojirō Sasaki, detto Ganryu, nel 1612, sull’isola di Funa-jima. Il duello ebbe così tanta rinomanza che ora quest’isola porta il nome di Ganryū-jima. Musashi vinse il duello con un singolo, ma formidabile colpo mortale, portato sulla testa dell’avversario con un bokken ricavato dal remo della barca che l’aveva portato a Funa-jima. Miyamoto si avvicinò all’avversario, scendendo dalla barca, con l’acqua che gli arrivava poco al di sotto delle ginocchia. Il bokken ricavato dal remo era stato appositamente intagliato nel remo per renderlo più lungo di uno normale e Musashi ne immerse la punta nell’acqua, per nasconderne la lunghezza agli occhi dell’avversario. In questo modo il samurai riuscì a sorprendere Kojiro e a sconfiggerlo.

La sua mancanza di puntualità negli appuntamenti era leggendaria, ma va precisato che la mancanza di puntualità ai duelli faceva parte di una precisa strategia psicologica che Musashi adottava (mai ripetendola più di una o due volte con avversari che ne erano a conoscenza), allo scopo di togliere fiducia all’avversario e di fargli perdere calma e concentrazione. Infatti nel suo più famoso duello contro Kojiro tardò al punto che fu mandato un emissario dello sfidato a prenderlo, il quale lo trovò che ancora dormiva. Musashi si alzò e fece colazione con tutta calma. Quando Kojiro lo scorse arrivare in barca, calmo e per di più armato solo di un bokken, perse la calma al punto di corrergli incontro nell’acqua gettando via il fodero della sua katana. Musashi lo apostrofò dicendogli che in quello stato aveva già perso. Egli era un innovatore nella strategia di lotta psicologica, nello studio della personalità e delle debolezze dell’avversario e nelle tattiche comportamentali per sfruttarle. Strategia pressoché sconosciuta fino ad allora, tra i samurai.

A 50 anni si ritirò per dedicarsi allo studio, alla letteratura e ad altre discipline risultando un maestro in molte di esse come, ad esempio, nella pittura, nella calligrafia e nell’arte della forgiatura delle tsuba, le tipiche guardie delle spade che spesso risultavano vere e proprie opere d’arte, tanto che diede il proprio nome a un modello divenuto poi tradizionale.

Negli ultimi anni scrisse la sua opera più nota, Il Libro dei cinque anelli, la quale è divisa in cinque parti, con riferimento agli elementi costitutivi dell’universo secondo la cultura Taoista: terra, acqua, fuoco, aria e vuoto. Il libro della Terra tratta in generale l’arte della spada; quello dell’Acqua descrive specificamente le tecniche della scuola fondata dall’autore; quello del Fuoco le tecniche di combattimento; quello dell’Aria le tecniche delle altre scuole; il libro del Vuoto, l’ultimo, espone le conclusioni filosofiche dell’insegnamento: una volta raggiunto l’apice della tecnica si devono dimenticare le regole e agire con la più grande e spontanea istintività. L’insegnamento è in linea con le massime della filosofia zen. L’ultimo scritto di Musashi è il Dokkōdō, un breve elenco di precetti composto il 12 maggio 1645, una settimana prima della sua morte.

Musashi morì in età avanzata, nel 1645, quando aveva 60 o 61 anni, probabilmente per un tumore allo stomaco, in un periodo storico del Giappone in cui la vita media si attestava intorno ai 40 anni.

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