La seconda ondata di contagi da nuovo coronavirus ci sarà? «L’Oms, insieme ai partner, continua a lavorare per pianificare qualsiasi scenario. Sebbene non sia noto come si evolverà la pandemia, sulla base delle prove attuali, lo scenario più plausibile è quello di ondate epidemiche ricorrenti intervallate da periodi di trasmissione di basso livello». Lo spiega all’Adnkronos Salute un portavoce dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tarik Jašarević.
«Non possiamo supporre che la tendenza al ‘ribasso’ della malattia» che si osserva in alcune zone del mondo, al contrario purtroppo di altre, prosegue Jašarević, «si sia verificata naturalmente. Tutto ciò è accaduto grazie alle severe misure di sanità pubblica messe in atto dai Paesi per spezzare la catena di trasmissione nelle comunità. Speriamo di poter mantenere livelli ugualmente bassi nel tempo. Ma il mondo è ancora alle prese con una grande ondata della pandemia di Covid-19 e non c’è spazio per l’autocompiacimento. Tutti i Paesi, compresi quelli che stanno registrando meno casi e stanno allentando le restrizioni, devono continuare a rilevare e testare casi sospetti, isolare e trattare casi confermati e rintracciare tutti i loro contatti; promuovere pratiche igieniche adeguate; proteggere gli operatori sanitari; aumentare la capacità del proprio sistema sanitario».
Il mondo combatte, ma aspetta anche di avere l’arma per definizione contro il virus: un vaccino: «Lo sviluppo di un vaccino – ricorda il portavoce Oms – richiede in genere diversi anni. Anche se si accelerano i tempi, è un lavoro che richiederà tempo. L’Oms sta lavorando con partner di tutto il mondo per velocizzare la ricerca e lo sviluppo di un vaccino sicuro ed efficace e garantire un accesso equo ai miliardi di persone che ne avranno bisogno. Il primo studio sui vaccini è iniziato solo 60 giorni dopo che la sequenza genetica del virus è stata condivisa dalla Cina: un risultato incredibile. Oggi più di 130 vaccini sono allo studio a livello globale, di cui 10 in fase clinica e diversi nella fase di pre-valutazione. L’Oms si impegna a garantire che, man mano che vengono sviluppati medicinali e vaccini, siano equamente condivisi con tutti i paesi e le persone».
Chiarimenti giungono anche sul contagio da parte degli asintomatici: «Abbiamo bisogno di più dati per comprendere meglio come avviene la trasmissione. Le prove attuali suggeriscono che la maggior parte dei contagi avviene da persone sintomatiche ad altre con cui sono state a stretto contatto. Non è ancora noto quanti di questi contagi siano provocati da persone senza sintomi. Durante la conferenza stampa dell’8 giugno, quando Maria Van Kerkhove, responsabile tecnico per il coronavirus dell’Oms, ha affermato che la trasmissione asintomatica è molto rara, la sua risposta si riferiva a un sottoinsieme di studi e dati condivisi da alcuni Stati membri. In quegli studi, in cui sono stati seguiti casi asintomatici, è emerso come ‘molto raro’ trovare una trasmissione secondaria».
Spazio poi al tema dell’immunità. «Ci aspettiamo – assicura Jašarević – che la maggior parte delle persone infette da Covid-19 sviluppi una risposta anticorpale in grado di fornire un certo livello di protezione. Quello che non sappiamo ancora è il livello di protezione o quanto durerà. Stiamo lavorando con scienziati di tutto il mondo per comprendere meglio la risposta dell’organismo a questo virus ma finora, nessuno studio ha risposto a queste importanti domande. Per questo motivo, non può esistere alcun ‘passaporto di immunità’ o ‘certificato di assenza di rischi».
Infine, le mascherine: «L’Oms – ricorda – ha aggiornato le sue linee guida sull’uso delle mascherine, incorporando nuovi risultati di ricerca: si raccomanda l’uso di mascherine mediche alle persone malate di Covid-19, a chi si prende cura di loro a casa e agli operatori sanitari quando trattano pazienti sospetti o confermati Covid-19. Nelle aree a trasmissione diffusa, l’Oms consiglia a tutte le persone che lavorano nelle aree cliniche di una struttura sanitaria di indossare una mascherina; nelle aree con trasmissione all’interno della comunità, le persone di età pari o superiore a 60 anni, o quelle con malattie croniche, devono indossare una mascherina nelle situazioni in cui non è possibile il distanziamento fisico».
«I Governi – ribadisce in conclusione Jašarević – dovrebbero incoraggiare il grande pubblico a indossare mascherine laddove vi sia una trasmissione diffusa e il distanziamento fisico sia difficile, ad esempio sui trasporti pubblici, nei negozi o in altri ambienti confinati o affollati. Secondo l’Oms, comunque, le mascherine fanno parte di un ‘pacchetto’ di misure di prevenzione e controllo delle infezioni insieme al distanziamento fisico e all’igiene delle mani. L’uso di una mascherina da solo non è sufficiente per fornire un livello adeguato di protezione».
Barbara Di Chiara (AdnKronos)