Il 15 giugno 1667 viene eseguita la prima trasfusione di sangue di cui si abbia notizia certa.
La trasfusione fu eseguita a Parigi, da Jean-Baptiste Denys, medico di Luigi XIV, professore dell’Università di Parigi, che realizzò una trasfusione di sangue dall’animale all’uomo. Il malato, reso debole da un precedente salasso, che gli era stato fatto prima della trasfusione di sangue di agnello, si riprese. A questo esito positivo, si eseguiranno altre trasfusioni sempre sulla stessa persona, ma dopo la terza trasfusione il paziente perse la vita: tanto che lo stesso Denis venne accusato di omicidio. Questi risultati negativi della scuola parigina influirono non poco sulla storia della trasfusione di sangue, poiché non solo dalle autorità civili verrà condannata ma anche dal Papa con una bolla pontificia, tanto che la sperimentazione fu abbandonata per oltre un secolo.
Bisogna aspettare il 1818 perchè la pratica venga ripresa, quando James Blundell, un ostetrico inglese, ricorre con successo ad una trasfusione in un caso di emorragia post partum utilizzando il sangue del marito della paziente. Negli anni successivi praticherà una decina di altre trasfusioni, sempre con sangue umano, ottenendo nella metà dei casi esito favorevole. Ormai si è capito che usando il sangue umano i rischi sono minori, anche se rimangono altissime le possibilità di reazioni anche mortali. Lo stesso William Stewart Halsted, che ha legato il suo nome all’intervento di mastectomia radicale, salvò la vita della sorella trasfondendole direttamente il proprio sangue; era il 1881. Peraltro nel 1901 l’austriaco Karl Landsteiner era riuscito a determinare con i suoi studi che il sangue poteva appartenere a gruppi specifici (A, B, AB, 0) e per questa importante scoperta ha ricevuto nel 1930 il premio Nobel per la medicina. Alla fine degli anni trenta, insieme a Alexander S. Wiener, avrebbe poi scoperto il fattore Rh.
Per quanto riguarda l’antichità e periodi precedenti il 1600, notizie certe sulla pratica della trasfusione non ve ne sono, eccezion fatta per le popolazioni sudamericane, presso le quali le trasfusioni erano praticate con successo già in età precolombiana, favorite inconsapevolmente dalla presenza di solo gruppo 0. In alcune opere mediche e letterarie si fa riferimento all’utilizzo del sangue, soprattutto per donare forza, bellezza o giovinezza, ma ipotizzare che ciò avvenisse in senso trasfusionale appare una forzatura. Sembra più probabile che la somministrazione fosse piuttosto per via orale, come pratica magica, comune a molti popoli e a molte epoche, ancor prima che medica. In senso terapeutico Celso, pur avendo qualche dubbio, ricordava come fosse possibile curare l’epilessia bevendo il sangue del gladiatore appena sgozzato, e come medicina il sangue, dopo che era stato prelevato ad alcuni giovani, fu somministrato da un medico ebreo al pontefice Innocenzo VIII morente, per ridargli vigore.