Inno di Mameli adottato come inno nazionale

Il 12 ottobre 1946 il Canto degli italiani, conosciuto anche come Fratelli d’Italia, Inno di Mameli, Canto nazionale o Inno d’Italia, viene adottato dalla neonata Repubblica Italiana come inno nazionale al posto della Marcia Reale dei Savoia.

Qui un video della versione completa dell’Inno

Il testo del Canto degli Italiani fu scritto dal genovese Goffredo Mameli, allora giovane studente e patriota, in un contesto storico caratterizzato da quel patriottismo diffuso che già preannunciava i moti del 1848 e la prima guerra di indipendenza. Secondo invece la tesi dello storico Aldo Alessandro Mola, l’autore del testo del Canto degli Italiani sarebbe in realtà Atanasio Canata: questa ipotesi è però rigettata dalla maggioranza degli storici.

Sulla data precisa della stesura del testo, le fonti sono discordi: secondo alcuni studiosi l’inno fu scritto da Mameli il 10 settembre 1847, mentre secondo altri la data di nascita del componimento fu due giorni prima, l’8 settembre. Tra i sostenitori della seconda ipotesi ci fu Giosuè Carducci, che riassunse così il contesto storico in cui nacque il Canto degli Italiani:

«[…] Fu composto l’otto settembre del quarantasette, all’occasione di un primo moto di Genova per le riforme e la guardia civica; e fu ben presto l’inno d’Italia, l’inno dell’unione e dell’indipendenza, che risonò per tutte le terre e in tutti i campi di battaglia della penisola nel 1848 e 1849 […]»

Mameli era repubblicano, giacobino e sostenitore del motto nato dalla Rivoluzione francese Liberté, Égalité, Fraternité, così per scrivere il testo del Canto degli Italiani si ispirò all’inno nazionale francese, La Marsigliese. Ad esempio, «Stringiamci a coorte» richiama il verso della Marsigliese, «Formez vos bataillon» (“Formate i vostri battaglioni”).

La prima copia stampata dell’inno, che fu realizzata su foglio volante dalla tipografia Casamara di Genova. Venne distribuita il 10 dicembre 1847 a coloro che presero parte al corteo del quartiere genovese di Oregina. Mameli aggiunse poi a penna la quinta strofa dell’inno, inizialmente censurata dal governo sabaudo perché giudicata troppo antiaustriaca

Anche l’inno nazionale greco, che fu composto nel 1823, fu uno dei brani a cui si ispirò Mameli per il suo canto: in entrambi i componimenti sono infatti contenuti dei riferimenti all’antichità classica, che è vista come esempio da seguire per affrancarsi dal dominio straniero, e dei richiami alla combattività, che è necessaria per poter ambire alla riconquista della libertà. Nell’inno nazionale greco è presente, come nel Canto degli Italiani, una menzione all’Impero austriaco e al suo dominio sulla penisola italiana (un verso della versione completa dell’inno greco, che è formata da 158 strofe, infatti recita «L’occhio dell’Aquila nutre ali e artigli con le viscere dell’italiano», dove l’aquila è lo stemma imperiale asburgico).

L’Italia è anche citata nell’inno nazionale polacco, scritto nel 1797 a Reggio Emilia in epoca napoleonica, il cui ritornello recita: «Marsz, marsz, Dąbrowski, z ziemi włoskiej do Polski» (ovvero “In marcia Dąbrowski, dalla terra italiana alla Polonia“). Il testo fa riferimento all’arruolamento, tra le file delle armate napoleoniche di stanza in Italia, di volontari polacchi che erano fuggiti dalla loro terra di origine perché perseguitati per motivi politici; la Polonia era infatti scossa da moti di ribellione che erano finalizzati all’indipendenza del Paese slavo dall’Austria e dalla Russia. Questi volontari parteciparono alla prima campagna d’Italia con la promessa, da parte di Napoleone, di un’incipiente guerra di liberazione della Polonia: in particolare, il testo esorta il generale polacco Jan Henryk Dąbrowski a volgere al più presto le armate verso la loro terra. Il riferimento è vicendevole: nella quinta strofa del Canto degli Italiani si cita infatti la situazione politica della Polonia, che all’epoca era simile a quella italiana, dato che entrambi i popoli non avevano una Patria ed erano soggetti a una dominazione straniera. Questa vicendevole citazione Italia-Polonia nei rispettivi inni è unica al mondo.

Copertina dell’edizione del 1860 dell’Inno stampata da Tito I Ricordi.

In origine era presente, nella prima versione del Canto degli Italiani, un’ulteriore strofa che era dedicata alle donne italiane. La strofa, eliminata dallo stesso Mameli prima del debutto ufficiale dell’inno, recitava: «Tessete o fanciulle / bandiere e coccarde / fan l’alme gagliarde / l’invito d’amor». Nella versione originaria dell’inno, il primo verso della prima strofa recitava «Evviva l’Italia», Mameli lo cambiò poi in «Fratelli d’Italia» quasi certamente su suggerimento di Michele Novaro stesso. Quest’ultimo, quando ricevette il manoscritto, aggiunse anche un reboante «Sì!» alla fine del ritornello cantato dopo l’ultima strofa.

Il canto fu molto popolare durante il Risorgimento e nei decenni seguenti, sebbene dopo l’unità d’Italia (1861) come inno del Regno d’Italia fosse stata scelta la Marcia Reale, che era il brano ufficiale di Casa Savoia. Il Canto degli Italiani era infatti considerato troppo poco conservatore rispetto alla situazione politica dell’epoca: Fratelli d’Italia, di chiara connotazione repubblicana e giacobina, mal si conciliava con l’esito del Risorgimento, che fu di stampo monarchico. Dopo la seconda guerra mondiale l’Italia diventò una repubblica e il Canto degli Italiani fu scelto, il 12 ottobre 1946, come inno nazionale provvisorio, ruolo che ha conservato anche in seguito rimanendo inno de facto della Repubblica Italiana. Nei decenni si sono susseguite varie iniziative parlamentari per renderlo inno nazionale ufficiale, fino a giungere alla legge nº 181 del 4 dicembre 2017, che ha dato al Canto degli Italiani lo status di inno nazionale de iure.

Immagine d’apertura: bandiera della Repubblica italiana

Bibiliografia e fonti varie

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