Da osservatore del trasporto aereo del nostro Paese, dopo decenni di intensa attività nello stesso in qualità di dirigente sindacale, non posso non provare un senso di smarrimento nel girovagare nel terminal dell’aeroporto di Fiumicino, in un silenzio che induce a pensare di essere in una cattedrale anziché nel polo economico più grande del centro-sud, con i suoi 50mila addetti che a vario titolo operano nell’arco delle 24 ore per 365 giorni all’anno.
Un caleidoscopio multicromatico dove lingue, etnie, passeggeri, operatori, donne e uomini in divisa si mescolavano, solo un anno fa, tra luci e addobbi, impegnati a effettuare gli ultimi acquisti per le imminenti festività o a ritrovarsi con parenti e amici tra abbracci e qualche lacrima di felicità.
Ciò, in diversa misura, si ritrova in tutti gli aeroporti. Una situazione mai verificatasi dalla nascita del trasporto aereo a oggi. Gli aeroporti sono immersi in una solitudine spettrale, dimenticati dalle istituzioni che poco o nulla stanno facendo per un’infrastruttura di grande rilievo per il futuro del nostro Paese, al pari delle reti ferroviaria, portuale e stradale per le quali vi sono interventi, progetti, investimenti per recuperare ritardi, mettere in sicurezza, affrontare il futuro.
Negli ultimi decenni, nonostante vari tentativi, non si è realizzato un sistema aeroportuale degno di questo nome. Una rete rispondendo al bisogno fondamentale di consentire e facilitare la mobilità nazionale e internazionale di persone e merci, realizzi maggior sviluppo del territorio diventando essa stessa polo economico e di incremento occupazionale.
La crescita di cui ha goduto l’industria del trasporto aereo ha pochi altri esempi nel contesto economico nazionale e nel mondo, un trend costante da almeno 50 anni con imprevisti subito riassorbiti, questa volta anche i cosiddetti esperti non si sbilanciano nel fare previsioni nel tornare ai livelli pre covid. Gli ottimisti parlano del 2023, i pessimisti nel 2026. Che fare in questo lasso di tempo?
Tutti, nesssuno può chiamarsi fuori, politici maggioranza e opposizione, istituzioni centrali e locali, operatori del settore, associazioni datoriali e organizzazioni sindacali hanno l’obbligo, non solo morale, ma anche per il ruolo e le responsabilità che ciascuno ricopre, di ridisegnare il futuro del trasporto aereo, certo, in tutto ciò, resta la priorità di limitare al massimo la caduta dell’occupazione e il fallimento delle aziende, quindi bene gli ammortizzatori sociali, riordinandoli, semèlificandoli e orientandoli al reinserimento nelle attività produttive utilizzando un bacino dove far confluire le lavoratrici e i lavoratori espulsi dalle imprese, ove attingere per nuova occupazione fuendo delle professionalità già maturate e dei requisiti necessari per opeare all’interno delle aree areoportuali per ovvi motivi di sicurezza.
Ma occorre anche intervenire a sostegno delle imprese del settore che fanno registrare ancora attività prossima allo zero.
Il governo e il parlamento mettano mano a decisioni concrete e non si limitino a legiferare poco e male e svolgano il ruolo di facilitatore d’intesa con le regioni interessate. Non dimentichiamo che la lungimiranza (sic) sul Titolo V della Costituzione ha decentrato le competenze su un sistema rete che attraversa in lungo e in largo il paese.
Razionalizzare termine soft, aggregare termine più concreto, fondere termine aggressivo: la sostanza non cambia.
Questo senza pensare a chiusure di aeroporti, anche se per alcuni non sarebbe disdicevole, perché rispondono poco o nulla a un ruolo sociale e distruggono risorse pubbliche.
In questa fase di bassissima attività, si potrebbe riunire, a livello regionale o interregionale, gli aeroporti presenti nel territorio, con forme e modalità flessibili (holding, consorzio ecc.).
Migliorare le infrastrutture, l’accessibilità e l’intermobilità integrandone la mission tra passeggeri, cargo, city airport, low cost, si eliminano forme di cannibalismo dannose per i bilanci aziendali e si contribuisce a uno sviluppo ordinato ed efficiente.
Come tutte le cose, all’apparenza semplici, sconta il fatto di trovarsi di fronte agli interessi della politica e dei partiti con la p miniscola e con una burocrazia che certo non facilita processi e progetti d’insieme. Occorre cogliere il vantaggio competitivo grazie al posizionamento geografico dell’Italia nella sfida europea e internazionale.
Ci sarà tempo per distinguersi l’uno dall’altro. Oggi è il tempo delle scelte, insieme, per il Paese e le generazioni future.