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Cittadini-scienziati difendono le farfalle italiane

Circa 300.000 segnalazioni, ottenute anche grazie al contributo dei cittadini, riguardanti 269 specie di farfalle, oltre 20.000 sequenze di DNA. Sono i numeri dello studio internazionale coordinato da Leonardo Dapporto, ricercatore di Zoologia dell’Università di Firenze, che, assieme ai colleghi dell’Università di Torino, ha raccolto questa enorme mole di informazioni per decifrare e mappare la biodiversità delle farfalle italiane e impostare le migliori strategie per proteggerle. Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista scientifica Molecular Ecology.

«Non tutta la biodiversità si rende evidente e si stima che circa un terzo delle specie esistenti sia apparentemente identico ad altre e quindi indistinguibile ai nostri occhi. Inoltre, la diversità genetica, fondamentale per mantenere vitali le popolazioni può essere misurata soltanto tramite le analisi del DNA – spiega Dapporto – Analizzando le sequenze di DNA di un gran numero di farfalle dell’area che dalle Alpi si estende a tutta la penisola, fino alla Sicilia e alle piccole isole vicine, abbiamo potuto andare oltre l’aspetto degli individui e questo – aggiunge il ricercatore – ci ha permesso di individuare 69 farfalle endemiche della regione Alpino-Appenninica e di capire la loro distribuzione in tutto il territorio italiano (senza considerare la Sardegna che, data la lontananza dal continente, con le sue specie fa parte di un contesto differente)».

I risultati dello studio – realizzato con la collaborazione dei ricercatori dell’Istituto di Biologia evolutiva di Barcellona, dell’Istituto botanico di Barcellona, dell’University College di Londra e dell’Università di Oulu in Finlandia – sono destinati a cambiare completamente le strategie e le priorità di conservazione delle farfalle italiane. «Abbiamo verificato che le Alpi e l’area che racchiude la penisola insieme alla Sicilia sono due diverse regioni per le farfalle – chiarisce Dapporto – e solo sette specie vivono in entrambe. A ogni specie endemica di ciascuna delle due regioni corrisponde un rischio specifico di estinzione: dovranno essere presi provvedimenti che considerino la loro esatta distribuzione, ora chiaramente riscostruita».

Per il successo della ricerca hanno avuto infatti un ruolo significativo le piattaforme di citizen science dove centinaia di cittadini appassionati di farfalle hanno condiviso immagini e informazioni dei loro avvistamenti. Lo studio è stato possibile anche grazie alla collaborazione di otto parchi nazionali italiani che hanno finanziato la ricerca: il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano; quello dell’Appennino Tosco-Emiliano, delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna; dei Monti Sibillini, del Gran Sasso e Monti della Laga; d’Abruzzo, Lazio e Molise; della Maiella; dell’Alta Murgia.

«In un contesto di cambiamenti ambientali repentini e imprevedibili – conclude Dapporto -, le strategie per proteggere le farfalle dovranno basarsi sulla conoscenza dell’esatta distribuzione di queste specie e del pericolo di estinzione a cui ciascuna di esse è sottoposta nelle differenti aree. I parchi nazionali avranno la maggiore responsabilità nel proteggere le farfalle endemiche più a rischio, a vantaggio della conservazione di una biodiversità invisibile che non vorremmo scomparisse poco dopo la sua scoperta».

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