Guerra d’indipendenza greca

Il 25 marzo 1821 inizia la guerra d’indipendenza greca contro l’impero ottomano, la quale si concluderà con la sconfitta ottomana e la nascita nel 1832 di un regno greco indipendente

La Grecia passò sotto il dominio ottomano nel XV secolo, nei decenni prima e dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453. Durante i secoli successivi, ci furono rivolte greche sporadiche ma infruttuose contro il dominio ottomano.

Il regime ottomano ispirò diversi moti rivoluzionari miranti al recupero dell’indipendenza, tutti però soffocati nel sangue. Molti uomini dovettero lasciare le loro terre e rifugiarsi sulle montagne. Queste persone venivano chiamate clefti (Kleftes=banditi), letteralmente “ladri” (dal greco κλέβω, rubare), ma per il popolo questa parola prese il significato di “partigiani”. Essi agivano con la tecnica della guerriglia, compiendo azioni rapide e turbando il dominio ottomano.

Per contrastare questi partigiani l’impero ottomano decise di riconoscere in maniera semiufficiale gruppi armati di rumeni chiamati Armatoli. Anche se ingaggiati per combatterli, gli Armatolì finirono per collaborare con i Kleftes, tant’è che, all’epoca dello scoppio della guerra d’indipendenza, le due figure avevano ormai perduto i tratti distintivi per diventare sinonime. Eccezione fatta per una sola importante rivolta, quella della Morea nel 1718, la sovranità turca rimase praticamente incontrastata per la maggior parte del XVIII secolo.

Una seconda rivolta che preannunciò lo scoppio della guerra d’indipendenza fu quella del Peloponneso fomentata dai russi (Rivolta Orlov), avvenuta nel 1770.

L’embrione del movimento patriottico prese vita non tanto in Grecia, quanto piuttosto negli ambienti dell’emigrazione greca in Europa influenzati dalla nuove idee dell’illuminismo e del nazionalismo. Nel 1814 fu fondata ad Odessa la Filikí Etería, una organizzazione segreta a carattere cospirativo presieduta da Alexandros Ypsilanti. All’organizzazione venne dato un impianto capillare ed allo stesso tempo si assicurò l’alleanza di Alì Pascià, ex collaboratore del sultano turco.

Due giovani italiani di Novara caddero già il 23 aprile 1819 per l’indipendenza greca e furono seppelliti insieme ad altri caduti stranieri nel Tempio di Efesto dell’Agorà di Atene (all’epoca ancora trasformata in chiesa di San Giorgio). Si tratta di Giuseppe Tosi di 16 anni e di Carlo Serassi di 18 anni.

I membri della Filiki Eteria progettarono di organizzare rivolte nel Peloponneso, nei Principati danubiani e nella stessa Costantinopoli. L’insurrezione era prevista per il 25 marzo 1821 (nel calendario giuliano), la festa dell’Annunciazione cristiana ortodossa. Tuttavia, i piani di Filiki Eteria furono scoperti dalle autorità ottomane, costringendo la rivoluzione a iniziare prima. La prima rivolta iniziò il 6 marzo / 21 febbraio 1821 nei Principati danubiani, ma fu presto repressa dagli Ottomani. Gli eventi nel nord spinsero i greci del Peloponneso (Morea) all’azione e il 17 marzo 1821 i Manioti furono i primi a dichiarare guerra. Secondo la tradizione orale, la Rivoluzione fu dichiarata il 25 marzo 1821 dal metropolita Germanos di Patrasso, che innalzò lo stendardo con la croce nel monastero di Agia Lavra (vicino a Kalavryta, Acaia) sebbene alcuni storici mettano in dubbio la storicità di l’evento. Ancora oggi il 25 marzo è comunque celebrato dai greci come il giorno dell’indipendenza

Nel settembre 1821, i greci sotto la guida di Theodoros Kolokotronis conquistarono Tripolitsa. Scoppiarono rivolte a Creta, Macedonia e Grecia centrale, ma alla fine furono soppresse. Nel frattempo, flotte greche improvvisate ottennero dei successi contro la marina ottomana nel Mar Egeo e impedirono ai rinforzi ottomani di arrivare via mare.

Le tensioni si svilupparono presto tra le diverse fazioni greche, portando a due guerre civili consecutive. Il sultano ottomano chiamò il suo vassallo Muhammad Ali d’Egitto, che accettò di inviare suo figlio Ibrahim Pasha in Grecia con un esercito per sopprimere la rivolta in cambio di guadagni territoriali. Ibrahim sbarcò nel Peloponneso nel febbraio 1825 e alla fine di quell’anno portò la maggior parte della penisola sotto il controllo egiziano. La città di Missolonghi cadde nell’aprile del 1826 dopo un anno di assedio da parte dei turchi. Nonostante una fallita invasione di Mani, anche Atene cadde e la rivoluzione sembrò quasi persa.

A quel punto, tre grandi potenze europee – Russia, Gran Bretagna e Francia decisero di intervenire, inviando i loro squadroni navali in Grecia nel 1827. In seguito alla notizia che la flotta combinata ottomano-egiziana stava per attaccare l’isola di Hydra, le flotte europee alleate intercettarono la marina ottomana a Navarino. Dopo un intenso stallo durato una settimana, la battaglia di Navarino portò alla distruzione della flotta ottomano-egiziana e capovolse le sorti a favore dei rivoluzionari. Nel 1828 l’esercito egiziano si ritirò sotto la pressione di un corpo di spedizione francese. Le guarnigioni ottomane nel Peloponneso si arresero ei rivoluzionari greci procedettero alla riconquista della Grecia centrale. La Russia invase l’Impero Ottomano e lo costrinse ad accettare l’autonomia greca nel Trattato di Adrianopoli (1829). Dopo nove anni di guerra, la Grecia fu finalmente riconosciuta come Stato indipendente ai sensi del Protocollo di Londra del febbraio 1830. Fin dal 1827 i rivoluzionari si erano dati un ordinamento repubblicano interno, sotto la presidenza di Giovanni Capodistria; la sua politica autoritaria e filorussa non piacque e, conseguita l’indipendenza, venne assassinato (1831). L’episodio fu il pretesto colto dalle potenze protettrici per ingerirsi nella politica greca ed imporre la monarchia. La scelta del sovrano cadde sul principe Ottone di Baviera, eletto re di Grecia a Nauplia nell’Agosto del 1832. Ulteriori negoziati nel 1832 portarono alla Conferenza di Londra e al Trattato di Costantinopoli; questi definirono i confini finali del nuovo stato e stabilirono appunto Ottone di Baviera come primo re di Grecia.

Immagine d’apertura: collezione di dipinti su battaglie della guerra d’indipendenza greca che includono da sinistra a destra il campo di Georgios Karaiskakis a Phaliro, l’incendio di una fregata ottomana da parte di una nave dei pompieri greca, la battaglia di Navarino e Ibrahim Pasha d’Egitto al terzo assedio di Missolonghi

Bibliografia

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