Ammazzò il suo cane, abbandonandolo sul greto del fiume. Così, ha stabilito il tribunale di Prato, condannando un uomo di 49 anni a 4 mesi di reclusione, con la sospensione della pena. Il proprietario dell’animale si è difeso sostenendo la tesi della morte naturale dell’animale e spiegando che si era limitato ad abbandonare il cane che, sempre a suo avviso, sarebbe poi rimasto vittima di altri animali. Una spiegazione simile l’aveva data alle forze dell’ordine, spiegando per altro l’abbandono lungo il corso d’acqua con la presunta complessità dello smaltimento della carcassa.
Il giudice, in ogni caso, non gli ha però creduto, stante anche la giustificazione circa l’abbandono sul fiume Bisenzio, dove l’animale venne ritrovato morto. Il cane, un meticcio, era però iscritto all’anagrafe canina e, grazie al microchip impiantato sotto la sua pelle, gli investigatori riuscirono a risalire al proprietario, per altro dopo aver notato una ferita, non distante dalla coda, che poco si conciliava con una morte naturale, dopo un abbandono o durante una passeggiata.
La vicenda risale al febbraio dello scorso anno. Un passante notò il cane e avvertì le forze dell’ordine. La carcassa dell’animale venne presa in consegna dalla polizia provinciale che, attraverso il microchip, risalì presto, per non dir subito, al proprietario.
Senza credergli, tanto gli agenti quanto, poi, il pubblico ministero hanno proceduto per uccisione di animali. Testi sposata dal giudice.
Da notare che la stessa persona era già stata condannata per maltrattamenti verso gli animali: nel caso specifico, lo stesso, povero meticcio.
Ammazzò il suo cane: condannato
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