Il 22 febbraio 1944 Carlo Ferri guidò al Pian delle Vergini, sul Monte Iavello (luogo noto a tutti col nome di Faggi di Iavello), i primi quaranta partigiani, male armati e, considerata la stagione, peggio equipaggiati; tre settimane dopo furono raggiunti da una quindicina di altri giovani, tra cui Armando Bardazzi, riuscito miracolosamente a fuggire dalle grinfie dei carnefici fascisti guidati dal famigerato Carità e da un gruppo di renitenti alla leva, che finsero di arruolarsi e, guidati da Bruno Fattori, salirono ai Faggi.
Il battesimo del fuoco per la Orlando Storai, come fu chiamata la prima formazione partigiana del Pratese, avvenne il 20 marzo (o il 22, come testimonia Carlo Ferri), a Migliana. Nel paese si erano concentrati in forze i fascisti, nel tentativo di rastrellare i partigiani nelle montagne circostanti, avevano incendiato alcune baracche e piazzato una mitragliatrice sul tetto della chiesa, per terrorizzare la popolazione. I partigiani, avvertiti e guidati da Maurilio Franchi, che conosceva i luoghi, perché abitava a Migliana (dove sarà arrestato il 7 maggio, da un gruppo di fascisti di cui faceva parte Fiorenzo Magni e deportato, riuscendo tuttavia a tornare), li circondarono. Il Franchi lanciò una bomba a mano, facendo venir meno la sorpresa, ci fu una sparatoria e i fascisti scapparono. In seguito lo stesso Franchi giustificò il proprio gesto, affermando di aver operato perché non ci fossero morti dall’una né dall’altra parte. Stringata ed esauriente appare la testimonianza di Aldo Petri: “A Migliana i reparti del Battaglione Muti e della Guardia repubblicana iniziano un rastrellamento per avvicinarsi al Monte Iavello; ma i partigiani sparano ed i fascisti rinunciano; dicono di aver avuto sei feriti”.
Scornati, i fascisti scendono a Vaiano e arrestano sei persone per rappresaglia, tra cui Torello Mattei, Franco Bucalossi e Mario Neri. Si discute se i partigiani debbano fare azioni di disturbo, sapendo che causeranno ritorsioni. Ancora Aldo Petri taglia corto su questa discussione bizantina: “C’è chi vorrebbe non fossero fatte azioni di disturbo ai tedeschi per timore di rappresaglie. Ma non potremmo stare in pace anche se i partigiani rimanessero fermi”.
Tuttavia, il Comitato di Liberazione Nazionale della Toscana iniziò a temere che la Storai fosse presa di mira, attaccata in forze e distrutta, dato l’armamento di fortuna e la scarsa dimestichezza della maggioranza dei suoi componenti all’uso delle armi. Fu così che dispose il suo spostamento sul monte Falterona, a sostegno della formazione Faliero Pucci.
Giuseppe Gregori