Dal settimo rapporto dell’ente bilaterale dell’artigianato toscano (Ebret) con un campione di 800 imprese, emergeva un 2021 in crescita con stime positive per l’anno successivo. Il fatturato per il 2021 prevedeva una crescita del 3,5 con un volume d’affari aumentato del 7,9% rispetto all’anno precedente. A marzo 2022 le previsioni indicavano una crescita del 3,5% dei ricavi con un’occupazione del 7% e una stabilità dell’ 89% delle imprese.
A causa degli impatti sull’economia della guerra in Ucraina è stata registrata un nuovo rialzo inflattivo. Nonostante i numeri positivi il volume degli affari dell’artigianato in Toscana è rimasto indietro rispetto al 2019 del 17%. Il riorientamento degli argentieri e orafi per l’industria del lusso ha portato ad un aumento del 17,4%. La pelletteria, nonostante un aumento del 14,4% e una partenza nel 2021 da -25 punti percentuali, ha avuto un forte arresto.
Come riportato dal Corriere Fiorentino, il presidente di Ebret Mario Catalini afferma che il +3,5% «è espresso a valori correnti, perciò è inferiore alla dinamica dell’inflazione: questo significa che in termini reali è un numero negativo.» E aggiunge «i salari già magri sono ulteriormente aggrediti dall’inflazione galoppante che ne riduce il valore reale del 10%. Se si considera che l’aumento dei prezzi grava principalmente sui generi alimentari, i carburanti e il gas è evidente che chi già faceva fatica ad arrivare a fine mese adesso non arriverà alla terza settimana. Con lo scenario attuale Irpet pronostica la chiusura di migliaia di imprese. Serve ridurre il cuneo fiscale, soluzioni per restituire potere d’acquisto ai lavoratori. Serve un sussulto di responsabilità delle forze politiche impegnate in una crisi incomprensibile, scollata dalla realtà. È un momento drammatico».