Tanto tempo fa, in un paese lontano lontano, viveva un po’ triste e sospirante il gigante Ombra.
Questo gigante era davvero enormissimo: alto più di tutte le sequoie del mondo messe una sull’altra, infinito come una imponente e leggiadra balenottera azzurra; tra i suoi crespi ed arruffati capelli, trovavano posto nidi di colombi e pettirossi; fra la sua barba morbida e lunghissima con un bel colore rosso rame e che lui utilizzava come sciarpa nelle giornate più fredde, svettavano pigne, germogli, semi e fiori di ogni tipo. I suoi piedoni pelosi più di quelli degli hobbit, sembravano colline sempreverdi dove avevano trovato il loro habitat ideale bonsai di ulivi e baobab, ruscelli e fresche sorgive. Come fantasiosi hula-hoop la sua vita era circondata da arcobaleni nei quali si immergevano e coloravano i volteggianti gruccioni. Aveva occhi belli e blu Ombra, che illuminavano tutto ciò su cui si posavano.
Nonostante tutta la variegata moltitudine del suo essere, Ombra si sentiva molto solo. Unico della sua specie, non aveva un solo amico con cui confidarsi e giocare. Così sempre più triste e inconsolabile, Ombra piangeva e piangeva senza fine con lamenti disperati e davvero addolorato correva in lungo e in largo. In una di queste corse disperate, il suo piedone destro venne punto da un qualcosa di talmente appuntito che il dolore lancinante gli fece strabuzzare gli occhi dalle orbite. Cadde all’indietro perdendo l’equilibrio e l’onda d’urto che creò questo sobbalzo, fece andare per aria e poi ritornare giù un pulviscolo di tante particelle non meglio identificabili. Allora il Gigante Ombra distratto dal dolore da queste particelle fluttuanti, si chetò iniziando a guardarsi attorno.
Mariangela Bisconte
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