Per il prossimo inverno serviranno all’Italia oltre 55 miliardi di metri cubi di gas, non solo per uso domestico, ma anche per il rilancio di un’economia oggi in forte contrazione. A disposizione, però, ce ne sarebbero soltanto 49 miliardi. Quei 6 miliardi mancanti costringeranno, quindi, il governo ad attuare misure volte a ridurre i consumi e, di conseguenza, a risentirne sarà la crescita economica. A sostenerlo i professori Marco Mele dell’Unicusano e Cosimo Magazzino di Roma Tre nel loro ultimo lavoro pubblicato su “Energy Reports”. I due luminari dimostrano il nesso di causalità unidirezionale tra consumo di energia e crescita economica per l’Italia, mettendo in evidenza, attraverso il sistema di Wavelet Analisys, come una riduzione del consumo di gas avrebbe provocato un rallentamento della crescita economica.
“Non potendo modificare subito le forniture di gas e in vista di un cronico rallentamento dell’economia italiana – sostengono i due professori universitari – il nuovo esecutivo dovrà intervenire per calmierare i prezzi energetici da una parte e intraprendere una politica di protezione sociale verso i lavoratori e le famiglie dall’altra. Non potendo contare su uno scostamento di bilancio a causa dell’enorme debito pubblico accumulato dopo la crisi pandemica, si dovrebbe effettuare una politica mirata di spending review il cui risparmio potrebbe essere utilizzato per abbattere i costi energetici di famiglie e imprese”.
Per i due docenti questa manovra di breve periodo avrebbe anche effetti positivi sul lungo periodo dal momento che ridurrebbe sia il deficit sia il debito pubblico italiano. “Si dovrebbe infine – continuano Mele e Magazzino – attuare una riforma energetica basata sulla costruzione di centrali nucleari che, a differenza delle fonti rinnovabili, permettono un flusso continuo di energia senza i limiti ambientali e climatici delle rinnovabili stesse”.
Sulla durata della crisi economica ed energetica in atto, i due professori non si sbilanciano, ribadendo come dal loro studio la situazione attuale potrebbe protrarsi per oltre due anni senza interventi mirati di politica economica sia fiscale che monetaria. A complicare il quadro è, secondo loro, la posizione della Germania: “La sua scelta di effettuare un intervento mascherato di aiuti di Stato per calmierare i prezzi dell’energia con 200 miliardi di euro produrrà un processo distorsivo verso la competitività intra-regionale e internazionale delle nostre imprese che continueranno, invece, a sostenere costi per l’energia molto elevati. Tutte queste condizioni, purtroppo, non permettono di essere ottimisti sulla soluzione nel breve periodo della crisi”.