Leonardo Zagli: “Uso del braccialetto non solo come strumento deflattivo ma anche a tutela di soggetti offesi o a rischio”; Maria Elisabetta Pioli: “La custodia in carcere deve essere applicata per residualità”; Antonella Tuoni: “Per dire meno carcere e più braccialetti bisognerebbe parlare di territorio e spostare l’attenzione sulle politiche del welfare”; Giuseppe Fanfani: “Il carcere tradisce la funzione assegnatagli dalla Costituzione per il mancato rispetto della salute e per la mancata rieducazione”
I detenuti esistono ancora e il carcere è un mondo che non dobbiamo dimenticare. Questo il messaggio lanciato dalla VII Giornata dei braccialetti, l’evento organizzato a palazzo del Pegaso, nel giorno della Festa della Toscana, da Consiglio regionale, Garante dei diritti dei detenuti, Camera penale di Firenze e Fondazione per la formazione forense dell’Ordine degli Avvocati della città del Giglio.
Ad aprire i lavori Marcello Bortolato, presidente del tribunale di sorveglianza che ha parlato dei tagli al carcere nella prima legge di bilancio, definendoli “un approccio sbagliato, perché il carcere ha bisogno di risorse umane con la polizia penitenziaria, i funzionari, i volontari, gli educatori, il cappellano”. Bortolato ha invitato “a pensare ad una detenzione diversa dal carcere”. Nel merito ha ricordato la riforma Cartabia, che prevede pene sostitutive o l’idea di una giustizia riparativa.
L’avvocato Leonardo Zagli, referente dell’osservatorio carcere della Camera Penale di Firenze, ha ribadito l’importanza della riforma leopoldina del 1786, quando non solo sì abolì in Toscana la pena di morte, “ma si abolì anche la tortura, si istituì la figura del difensore d’ufficio per i non abbienti e si limitò la carcerazione preventiva e, qui, si arriva ai giorni nostri”. “L’utilizzo del braccialetto elettronico è stato correlato con un impiego in punto di codice rosso, cioè a favore di quei soggetti che dalla magistratura possono essere ritenuti persone offese o a rischio, l’hanno così potuto utilizzare, soprattutto donne, per consentire che fossero tutelate, non c’è solo un utilizzo come strumento deflattivo rispetto alla detenzione carceraria”.
A moderare gli interventi l’avvocato Luca Maggiora, presidente della Camera penale di Firenze che ha ribadito come sia importante “rivolgere le tematiche del carcere al pubblico” e, parlando di custodia detentiva, ha precisato che è “la custodia dello Stato che deve garantire gli stessi diritti che offre ad ogni cittadino”.
“Ho cercato di dare al mio lavoro un’impronta che istintivamente mi ispirava, ho dato la prevalenza all’incontro con i detenuti”, così è intervenuta Maria Elisabetta Pioli, magistrato del tribunale di sorveglianza di Firenze. “Ritengo – ha detto – che la custodia in carcere debba essere applicata per residualità cioè quando ogni altra misura non è in grado di fronteggiare il pericolo di recidiva, di inquinamento della prova e di fuga” e “l’esecuzione della pena non è solo la pena detentiva”, “bisogna essere prudenti ma non cauti e dare fiducia a chi dovrà scontare una pena fuori dal carcere”.
Don Vincenzo Russo, cappellano della casa circondariale di Firenze – Sollicciano, ha offerto uno spaccato di vita del carcere sottolineando il dramma dei suicidi, ricordando alcuni dati come la presenza di “180 diagnosi psichiatriche”, “220 tossicodipendenti”, “34 episodi di violenza”, “44 aggressioni”, “16 tentati suicidi” e “5 suicidi da novembre 2021”.
E’ iniziato con i numeri anche l’intervento di Antonella Tuoni, direttore della casa circondariale di Firenze – Sollicciano. “Abbiamo 500 persone – ha detto. – C’è stato un calo, ma non ha inciso sul tasso di sovraffollamento, perché abbiamo tre sezioni chiuse per diversi cantieri, per il rifacimento dell’impianto termoidraulico, le coperture e le facciate e per l’efficientamento”. E ancora dati: “251 sono in esecuzione di pena”, riguardo all’etnia “quella maggiormente rappresentata è quella dell’area del Maghreb con 77 persone”. Sul dato del personale: “Dovrebbero esserci in forza 566 poliziotti, ma ce ne sono 370”. Infine, i dati sull’autolesionismo: “Abbiamo registrato 910 episodi concentrati su 20 persone, delle quali 7 italiane”. Tuoni ritiene che per dire “meno carcere e più braccialetti, bisognerebbe parlare di territorio perché in Toscana le carceri accolgono le persone diseredate” e “bisognerebbe spostare l’attenzione sulle politiche del welfare: il carcere è la cartina di tornasole di quello che succede nella società”.
A chiudere il convegno l’intervento di Giuseppe Fanfani, garante regionale delle persone private della libertà, che si è soffermato sulla situazione generale nelle carceri e sulla necessità di favorire l’uscita dei detenuti, attraverso misure alternative. “Malgrado l’impegno profuso da tutti quelli che operano nel settore – ha detto – spesso constato situazioni non ammissibili e sento un sentimento di frustrazione”. “Spero che la riforma Cartabia abbia la possibilità, attraverso le modifiche dei nuovi istituti, di dare semilibertà, detenzione domiciliare, lavoro di pubblica utilità e pena pecuniaria”. “Il carcere – conclude Fanfani – tradisce la funzione assegnatagli dalla Costituzione per il mancato rispetto della salute e per la mancata rieducazione, siamo lontanissimi da quella prudenza alla quale faceva riferimento la dottoressa Pioli, una virtù dell’anima che è la premessa per essere decisi e duri nelle proprie decisioni”.