Pordenone, 2 febbraio 2024. Dal 10 al 14 aprile con la XVII edizione di Pordenone Docs Fest. Le Voci del Documentario, il festival di Cinemazero che ogni anno porta a Pordenone il meglio del cinema del realeinternazionale, la città torna capitale del documentario, palcoscenico esclusivo di storie in anteprima nazionale che raccontano il mondo al di là dell’informazione accessibile tramite i diversi mezzi di comunicazione.
«Metteremo al centro i diritti delle donne e dei minori, illuminando storie poco note, ma non per questo meno importanti. Le faremo conoscere a un pubblico attento, desideroso di andare oltre ciò che viene raccontato quotidianamente dall’informazione generalista. Un pubblico che ogni anno si aspetta visioni mai banali e luci sia su temi capitali che ignoti, tenendo come bussola la qualità cinematografica e l’importanza delle testimonianze, con l’ottica di una ricaduta sociale tramite il documentario» – Dice il curatore Riccardo Costantini. – «Cinemazero non poteva quindi non rendere omaggio – con una retrospettiva, una tavola rotonda e molti ospiti – a Franco Basaglia, a cento anni dalla sua nascita. E per noi questo evento non è un semplice anniversario rivolto al passato ma soprattutto un monito per il nostro presente, una freccia lanciata verso il futuro. Ecco perché Franco Basaglia ha 100 anni, indicativo presente, qui e ora. In Friuli, in Italia, nel mondo. Perché Basaglia è stata una delle figure più internazionali che la cultura e la società italiane abbiano saputo esprimere dagli anni Sessanta ad oggi: le sue ricerche, le sue azioni, le sue idee sono vive ed attive dovunque ci sia una volontà riformatrice della società, dovunque ci sia un pensiero critico e libertario».
A questo intellettuale cardine della storia del Novecento il festival dedica una retrospettiva, anche itinerante nei cinema del Friuli Venezia Giulia e poi in Italia, ricostruendo molte delle tappe del “viaggio basagliano” che ha Trieste e Gorizia come luoghi fondamentali. L’iniziativa, sostenuta dalla Regione Friuli Venezia Giulia, s’inserisce anche nei percorsi culturali di “Go2025! – Gorizia / Nova Gorica capitale europea della cultura”. Per la parte filmica è a cura di Federico Rossin, ed è frutto di lunghe ricerche nei principali archivi. Si tratta di un programma con un taglio pedagogico rivolto soprattutto alle nuove generazioni, che con prodotti televisivi e cinematografici, italiani e internazionali, racconta la vicenda umana e politica di Basaglia e del movimento antipsichiatrico, accompagnata dauna pubblicazione che contiene una filmografia critica dedicata a documentario e malattia mentale con una prospettiva internazionale e trans-storica.
Prevista anche la presentazione, in collaborazione con gli Archivi di Cinecittà – Istituto LUCE (nell’anno del centenario del LUCE) di Nessuno o tutti – Matti da slegare di Silvano Agosti, Marco Bellocchio, Sandro Petraglia e Stefano Rulli, versione più ampia, ricca e varia del noto Matti da Slegare, su grande schermo per la prima volta dal 1976 nella sua versione integrale ritrovata.
A conferma del valore del festival, la XVII edizione vede protagonista anche un Maestro del cinema internazionale come Marco Bellocchio, che ha accettato l’invito di una manifestazione che, anche quest’anno, affronta temi di assoluta attualità con numerose anteprime italiane: a lui è dedicata un’ampia retrospettiva dei suoi documentari e una relativa pubblicazione a cura di Denis Brotto (Università di Padova). Bellocchio sarà ospite d’onore con una masterclass e la presentazione di alcuni suoi lavori.
Anche quest’anno, tante le anteprime nazionali presentate al pubblico e in concorso. Tra queste, Mourning in Lod della regista israeliana Hilla Medalia offre una speranza di pace per il conflitto israelo-palestinese: dall’immersione nel microcosmo di violenza, rabbia e speranza di Lod/Lydd, una delle cinque città “miste” abitate da israeliani e palestinesi, a 50 chilometri a ovest di Gerusalemme, emerge una storia incredibile che lega indissolubilmente e per sempre – in un dono d’amore e di futuro – le famiglie delle due parti in causa.
Con il commovente Mediha di Hasan Oswald (che sarà presente al festival), prodotto anche dall’attrice premio Oscar Emma Thompson, si riporta l’attenzione sul genocidio yadiza raccontato attraverso gli occhi e la determinazione di una adolescente (che firma molte delle riprese e parte della regia) che affronta il trauma della prigionia e della schiavitù dell’Isis – di cui è stata vittima – senza rassegnarsi, diventando protagonista e testimone del riscatto della vendita all’estero anche dei propri fratelli più piccoli.
Hiding Saddam Hussein a distanza di vent’anni fa riemergere la davvero incredibile testimonianza di un uomo semplice, un agricoltore iracheno che – obbedendo a degli ordini – tenne nascosto in casa propria il dittatore per otto mesi, nel corso di una delle cacce all’uomo più spietate degli ultimi decenni. Un racconto firmato dal regista norvegese di origine curda Halkawt Mustafa (presente al festival).
Dopo il successo di Be My Voice (e del suo tour italiano condotto da Tucker Film), vincitore del premio del pubblico al festival nel 2021, la regista svedese-iraniana Nahid Persson torna in Italia, accompagnando il suo ultimo documentario, Son of the mullah, in cui racconta la storia del giornalista iraniano Ruhollah Zam che, per l’impossibilità di esprimersi liberamente nel suo Paese, è stato costretto a raccontarne le contraddizioni dall’estero…fino a essere rapito con l’inganno e poi giustiziato dal regime iraniano. Il racconto costante della corruzione, dell’ipocrisia e della ferocia dei regimi è un esempio concreto del ruolo che il festival vuole svolgere sostenendo i film anche oltre la durata della manifestazione.
Non manca infine spazio per la leggerezza con un’altra anteprima nazionale, Alreadymade dell’olandese Barbara Visser, che racconta l’assurda storia di Fountain di Marcel Duchamp l’orinatoio più famoso di sempre, di cui la regista indaga la paternità svelando inaspettati retroscena. La riflessione sull’arte e sulla sua forza, con toni ironici e dissacranti, è anche di Soviet Barbara, altra anteprima nazionale, firmato dall’islandese Gaukur Ulfarsson’s e che vede l’“art star” internazionale Ragnar Kjartansson ricreare in pieno stile “Soviet” la soap-opera americana “Santa Barbara” in un museo moscovita di proprietà di un’oligarca, con tanto di benedizione di Putin e ospitata delle Pussy Riot, in un contrasto di denuncia e provocazione.
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