Api al lavoro in un alverare dove producono il miele

Le api non volano più e la produzione di miele crolla

Le api stremate dal caldo hanno smesso di volare e non svolgono più il prezioso lavoro di trasporto di nettare e polline. Con le elevate temperature, sono in pericolo anche le nuove covate con le operaie al lavoro per salvarle dalla disidratazione ed evitare che le temperature interne alle arnie superino i 33-36 gradi.
L’allarme è della Coldiretti che sottolineare come la prima produzione nazionale di miele di acacia e agrumi sia crollata del 41% rispetto alle attese, secondo quanto rilevato Ismea.
L’ondata di caldo rischia di dare il colpo di grazia agli alveari dove le api ventilatrici sono impegnate a rinfrescare l’interno agitando velocemente le ali in modo da ricambiare l’aria e quelle acquaiole portano invece acqua in forma di goccioline per raffreddare, a scapito della normale attività di impollinazione. Il risultato – precisa la Coldiretti – è che quest’anno la produzione nazionale risulterà ben al di sotto delle oltre 23,3 milioni di chili del 2018. La stato di sofferenza delle api, che sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente, è rappresentativo in realtà dello sconvolgimento provocato dal clima sulla natura, animali e piante. Gli agricoltori nelle campagne – sottolinea la Coldiretti – sono costretti a ricorrere all’irrigazione di soccorso per salvare le coltivazioni in sofferenza per le alte temperature, dagli ortaggi al mais, dalla soia al pomodoro poiché con le temperature superiori ai 35 gradi anche le piante sono a rischio colpi di calore e stress idrico che compromettono la crescita dei frutti negli alberi, bruciano gli ortaggi e danneggiano i cereali. L’ondata di calore africana – continua la Coldiretti – è la punta dell’iceberg delle anomalie di questa pazza estate con la prima metà di luglio segnata dal maltempo con 10 grandinate al giorno dopo un giugno che si è classificato al secondo posto dei più bollenti dal 1800 con una temperatura superiore di 3,3 gradi rispetto alla media, un maggio freddo e bagnato e i primi mesi dell’anno particolarmente siccitosi. Si registra nel 2019 una evidente tendenza alla tropicalizzazione che – sottolinea la Coldiretti – si manifesta con una più elevata frequenza di eventi violenti, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense e il rapido passaggio dal maltempo al caldo. Il ripetersi di eventi estremi – conclude la Coldiretti – sono costati all’agricoltura italiana oltre 14 miliardi di euro in un decennio tra perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne.

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