Il 10 settembre 1898 Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, nata duchessa in Baviera, imperatrice d’Austria, regina apostolica d’Ungheria, regina di Boemia e di Croazia come consorte di Francesco Giuseppe d’Austria, meglio nota come Sissi, viene assassinata a Ginevra dall’anarchico Luigi Lucheni.
Elisabetta, nata nel 1837, fu imperatrice d’Austria, regina apostolica d’Ungheria, regina di Boemia e di Croazia come consorte di Francesco Giuseppe d’Austria. Nonostante fosse cresciuta relativamente libera da vincoli sociali e di comportamento normalmente imposti alla nobiltà mitteleuropea del XIX secolo e generalmente insofferente alla disciplina di corte a Vienna, nonché ostile alle politiche imperiali e alle condizioni di vita dei popoli sottoposti alle autorità dell’Impero austro-ungarico, rimase un simbolo della monarchia asburgica, e per tale ragione il 10 settembre 1898 fu uccisa a Ginevra, in Svizzera, dall’anarchico italiano Luigi Lucheni.
Nel 1897 Elisabetta trascorse il Natale a Parigi insieme alle sorelle Matilde e Maria Sofia, ex regina del regno delle Due Sicilie. Il Natale era una delle sue feste preferite e, almeno fino alla morte del figlio Rodolfo, festeggiò sempre con gioia e gran trasporto; con la tragedia di Mayerling, in cui era morto l’erede al trono Rodolfo d’Asburgo insieme all’amante, smise per sempre di festeggiare le festività natalizie. Nel settembre 1898, l’imperatrice si recò in incognito a Ginevra prendendo alloggio all’Hotel Beau-Rivage, sul lungolago ginevrino, dove già aveva soggiornato l’anno precedente. Il 10 settembre, sempre vestita di nero dopo il suicidio del figlio Rodolfo, celava il viso dietro una veletta – un ventaglio o un ombrellino – ed era difficile da riconoscere. Doveva prendere il battello per Montreux alle ore 13:35 di quel giorno accompagnata dalla contessa Irma Sztáray, quando l’anarchico italiano Luigi Lucheni, informato sull’indirizzo dell’Imperatrice e sulle sue sembianze da Giuseppe della Clara, si appostò sul Quai du Mont-Blanc, dietro un ippocastano, armato della sua lima nascosta in un mazzo di fiori. Al passaggio dell’imperatrice la pugnalò al petto, con un unico colpo preciso; tentò poi di fuggire lungo la Rue des Alpes, gettando l’arma del delitto dinnanzi l’ingresso del civico n. 3. Fu poco dopo arrestato da quattro passanti, non lontano dal luogo dell’attentato.
L’imperatrice, che correva verso il battello (la sirena della partenza aveva già suonato) si accasciò per effetto dell’urto, ma si rialzò e riprese la corsa, non sentendo apparentemente nessun dolore. Fu solo una volta arrivata sul battello che impallidì e svenne nelle braccia della contessa Sztáray. Il battello fece retromarcia e l’Imperatrice fu riportata nella sua camera d’albergo; spirò un’ora dopo, senza aver mai ripreso conoscenza. Aveva 60 anni. L’autopsia, effettuata dal dottor Mégevand, mostrò che la lima aveva trafitto il ventricolo sinistro e che Elisabetta era morta d’emorragia interna. La sua tomba, a differenza delle sue volontà (voleva esser sepolta a Corfù), si trova a Vienna nella Cripta Imperiale, accanto a quelle del marito e del figlio.
Le memorie di Lucheni, che s’interrompono proprio quando sta per abbandonare Albareto, furono ritrovate nel 1938 e pubblicate da Santo Cappon. Attraverso il suo memoriale, racconta di quanto abbia sofferto dell’abbandono da parte della madre, per la quale nutriva un sentimento di amore-odio, e di come lo facessero soffrire le ingiustizie di una società che non rispettava i diritti di ogni bambino ad avere almeno un po’ di amore e di felicità. Dalle sue memorie e dai dati del suo processo, risulta che non era anarchico, ma che col suo gesto voleva dare lustro al suo nome e, al contempo, vendicarsi di tutte le ingiustizie patite. Santo Cappon, nella sua biografia di Lucheni, sostiene che forando il cuore dell’Imperatrice, egli abbia virtualmente punito la madre che lo aveva abbandonato.
Con riferimento a Elisabetta sappiamo dal suo diario poetico (pubblicato solo nel 1998) che l’imperatrice si era augurata di morire “improvvisamente, rapidamente e se possibile all’estero“. Elisabetta di Baviera ha visto questo suo desiderio esaudito proprio da uno di quei fanciulli infelici “oppressi dall’Ordine stabilito” ai quali dedicava le sue lacrime. La biografia dell’imperatrice scritta da B. Hamann ha supposto che Elisabetta fosse una libertaria, anti-clericale e, addirittura, pre-comunista, e che il suo sogno era di indurre Francesco Giuseppe all’abdicazione e ad andare a vivere con lui sulle rive del Lemano. La pensatrice anarco-femminista Emma Goldman, che aveva particolarmente apprezzato e sostenuto gli attentati degli anarchici Sante Caserio e Gaetano Bresci, condannò invece il gesto di Lucheni, perché la vittima era una donna non politicamente attiva in alcun regime o governo.
Al giudice, il quale gli rinfacciava di avere ucciso una donna sola e disperata, Lucheni rispose di non averlo saputo e di avere, invece, sempre creduto che Elisabetta fosse una donna realizzata e felice
Immagine d’apertura: placca commemorativa posta nel punto esatto in cui Elisabetta fu assassinata.
Bibliografia e fonti varie
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- Valerio Vitantoni, I sentieri di Sissi. Verità e leggende sugli itinerari altoatesini dell’imperatrice, Milano, Ugo Mursia Editore, 2018
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