La Galassia Sculptor (FOTO ESO/Digitized Sky Survey 2)

Astrofisica, importante scoperta fiorentina sull’origine dell’universo

Nel profondo del tempo, quando l’Universo era ancora bambino, circa 13,5 miliardi di anni fa, da un mare calmo ed oscuro costituito solo da idrogeno ed elio, apparvero le prime stelle. Si pensa che le prime stelle fossero più massicce del nostro Sole e dunque destinate a morire esplodendo come supernovae e diffondendo nell’ambiente circostante i primi elementi chimici pesanti forgiati durante la loro evoluzione (carbonio, ossigeno, ferro, zinco…)

La ricerca delle tracce delle prime stelle è ad oggi una delle frontiere più affascinanti dell’astrofisica e della cosmologia. Dal gas arricchito di elementi chimici derivanti dall’esplosione di quei primi astri sono infatti nate le stelle di seconda generazione. Di queste ultime, le stelle di piccola massasono sopravvissute fino ai giorni nostri.

In questo quadro si colloca la ricerca internazionale pubblicata su The Astrophysical Journal Letters da un team guidato dall’Università di Firenze, che ha portato ad identificare le tracce chimiche dell’esplosione di una prima supernova, di altissima energia, in una stella di seconda generazione, denominata AS0039, presente nella galassia nana di Sculptor, che gravita attorno alla nostra Via Lattea (“Zero-metallicity Hypernova Uncovered by an Ultra-metal-poor Star in the Sculptor Dwarf Spheroidal Galaxy” Doi: https://doi.org/10.3847/2041-8213/ac0dc2).

“Altre volte le ricerche hanno provato, attraverso lo studio delle tracce chimiche di stelle di seconda generazione, l’esistenza di stelle primigenie, ma finora tutti i dati analizzati hanno indicato che la stella primordiale progenitrice è deflagrata con una bassa energia di esplosione” spiegano Asa Skuladottir e Stefania Salvadori, del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Firenze e associate all’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), che hanno guidato il lavoro. “In questo caso, invece, siamo in presenza di una stella secondaria dalle caratteristiche chimiche eccezionali – proseguono le ricercatrici -: povera di ferro, AS0039 non è neanche ricca di carbonio ed ha una quantità estremamente bassa di magnesio rispetto ad altri elementi chimici più pesanti, come il calcio: in sostanza, è la stella più povera di elementi chimici pesanti mai scoperta al di fuori della nostra galassia. La spiegazione della sua unicità è che l’antichissimo fossile stellare studiato si è formato in un ambiente arricchito dai prodotti chimici rilasciati da una prima stella di circa 20 masse solari esplosa come «ipernova», cioè con un’energia 10 volte superiore a quella di supernovae normali di massa analoga”.

La firma chimica di questo tipo di supernovae primordiali energetiche è una novità assoluta per gli studiosi: la rivista The Astrophysical Journal Letters ospita, in contemporanea, accanto allo studio di Skuladottir e Salvadori, un secondo lavoro che riguarda una stella dell’alone della Via Lattea.

“Per giungere a questo fondamentale risultato – prosegue Stefania Salvadori – abbiamo usato il metodo della spettroscopia ad alta risoluzione e sono stati analizzati oltre 16.000 modelli di
arricchimento da prime stelle. La ricerca ha coinvolto anche ricercatori di Svezia, Olanda, Gran Bretagna, Francia e Spagna e porta ad una fondamentale acquisizione – conclude Salvadori, vincitrice nel 2018 di uno starting grant dell’European Research Council (ERC) per il progetto NEFERTITI sull’origine delle prime stelle e delle prime galassie -: lo studio dimostra che l’analisi dei fossili stellari ci permette non solo di determinare indirettamente la massa delle prime stelle, ma ci fornisce anche informazioni cruciali sull’energia delle prime esplosioni di supernovae. E quindi sui primi passi
dell’Universo”.

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