Non sempre la Storia rende giustizia agli uomini di talento, e può capitare che la loro cifra più autentica, riemerga all’attenzione dei posteri soltanto dopo un lungo oblio. Accade anche con il poliedrico Baccio Bandinelli, che fu tra i massimi interpreti dell’essenza del Tardo Rinascimento, un periodo artisticamente fecondo ma politicamente e socilmente instabile, con la città di Firenze in bilico fra la Repubblica e il Ducato mediceo, stretta fra il puritanesimo di Savonarola, l’indecisione di Piero Soderini, e la vendetta di Papa Clemente VII, che riportò i Medici al potere. Un periodo di crisi, certo, ma al cui interno si muovevano personalità di genio quali Machiavelli, Guicciardini, Michelangelo, Pontormo, Rosso Fiorentino, e appunto Bandinelli.
Nel 450° anniversario della scomparsa di Michelangelo, Firenze inserisce – fra le celebrazioni che ricordano il genio di Caprese -, un evento dedicato al suo maggior “rivale”
dell’epoca, quel Baccio Bandinelli, nome de plume di Bartolommeo Brandini, che fu una personalità complessa, dall’indiscusso e molteplice talento artistico, non soltanto un grande scultore. Così lo definisce la Soprintendente Acidini, salutando con soddisfazione Baccio Bandinelli Scultore e Maestro (1493 – 1560), la prima mostra monografica sull’artista, curata da Betarice Paolozzi Strozzi e Detlef Heikamp, e organizzata dal Museo Nazionale del Bargello, in collaborazione con la Soprintendenza fiorentina, Firenze Musei, il MiBACT e il Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi.
Ambientata nelle sale del piano terra del Bargello, fra cui la prestigiosa Sala di Michelangelo, concentrata su 94 capolavori fra sculture, bronzetti, incisioni e disegni, la mostra è l’affascinnate (ri)scoperta di un artista che fra i contemporanei godé fama non troppo lusinghiera, accusato di superbia e scontrosità di carattere. In particolare, poco lo amarono Vasari e Cellini. Ma mentre il primo, nelle sue Vite, ne riconosce la statura artistica, i rapporti fra il secondo e Bandinelli furono improntati allo scontro e alla polemica, e a distanza di secoli vi si ravvisa quel temperamento ardente ch’è proprio della Toscana popolaresca più autentica, quale non dispiaceva a Malaparte. Il genio accompagnato all’ambizione, e a quelle piccole, più o meno bonarie, invidie di campanile che danno la misura del fiero sentire di un popolo.
Figlio di Michelangelo Brandini, orafo di casa Medici, Baccio fu allievo del Rustici, e subì l’influenza di Michelangelo, ravvisabile in particolare nel monumentale Ercole e Caco, oltre che negli studi anatomici e di figura, eseguiti a matita. Protetto da Cosimo I, divenne lo scultore ufficiale della Corte medicea, stanti anche le opinioni republicane del Buonarroti. La mostra si apre sui suoi anni giovanili, a confronto con i contemporanei quali Michelangelo, Jacopo Sansovino, il Tribolo e Benvenuto Cellini. Accanto a sculture quali Adamo ed Eva, il busto di Cosimo I, la Flagellazione, spicca Leda e il Cigno, un dipinto dell’artista non ancora ventenne, ed esposto epr la prima volta in Italia dietro prestito della Sorbona. La mostra prosegue con i bronzetti, i disegni e le incisioni; i pochi bronzetti rimasti provengono in buona parte dalla colelzione del Bargello, e mostrano tutta la fierezza dell’uomo rinascimentale, in questo avvicinandosi Bandinelli a Michelangelo, per il quale sempre nutrì ammirazione ma mai invidia, al contrario di quanto riporta il Vasari nelle sue Vite. Provenienti dal GDSU, i disegni danno la cifra della modernità di Bandinelli. Come spiega Detlef Heikamp, la sua grandezza sta nell’aver inventata l’accademia, ovvero nell’influenza che il suo stile nel disegno avrà sui posteri. Uno stile ancora attuale per l’espressività che dimostra, come si evince da opere quali l’Entrata di Cristo a Gerusalemme, o l’Ecce Homo; la tensione quasi caricaturale dei volti, e l’approfondimento psicologico che ne deriva, avranno un’infleunza decisiva su William Hogarth, considerato ancora oggi l’iniziatore della caricatura teatrale prima, e cinematografica poi. La radice del character hogarthiano sta nei disegni di Bandinelli, passando per Callot.
A chiudere la mostra, una scelta di ritratti, autoritratti e “invenzioni”, a rimarcare la poliedricità di un artista che ispirò molti contemporanei, fra i quali Andrea del Minga. Fra le opere originali, una serie di autoritratti, sia giovanili sia in età matura, sia dipinti sia scolpiti, oltre a incisioni di artisti contemporanei eseguite su suoi bozzetti.
Una mostra che, attraverso la figura di Bandinelli, ci accompagna nella fecondità artistica del Tardo Rinascimento, e propone interessanti confronti fra artisti diversi. Ad aggiungere un tocco d’eleganza, il rosso della pannellatura dell’allestimento, coloro tipico del Cinquecento fiorentino.
La mostra è visitabile fino al 13 luglio. Tutte le informazioni su orari e biglietti, al sito www.unannoadarte.it.
Niccolò Lucarelli