Lingue e culture soffocate, scuole piatte, distanti, affollate, burocratizzate, poste in concorrenza attraverso un’autonomia che è tutto tranne che didattica. Porre rimedio è sempre possibile. A patto di rinunciare una volta per tutte a quel centralismo poco naturale sul quale si fonda l’Italia. È anche questo, in estrema sintesi, il pensiero condiviso da 6 movimenti decentralisti di tutta Italia. Sono Comitato Libertà Toscana, Comitato promotore “Libero Governo Cittadino” di Roma,Patto per l’Autonomia Friuli-Venezia Giulia,Progetto Assemblea Popolare per il Libero Territorio di Trieste,Radicales Sardos – Radicali Sardi e Siciliani Liberi.
Il punto di vista di 6 movimenti italiani
«Decentrare la gestione della pubblica istruzione è una aspirazione antica, una necessità sociale, una scelta lungimirante, una realtà in gran parte d’Europa – premettono – Mentre i partiti centralisti (di maggioranza e di opposizione) ci bombardano con le loro false promesse di autonomia oppure si stracciano le vesti in difesa di uno status quo ingiusto, i nostri movimenti propongono una visione meno cinica e più seria, per il bene delle generazioni future e di tutti i territori: ogni scuola, se gestita con principi autonomistici, sarà sempre centrale per il suo territorio, mai periferica, negletta e abbandonata (come è ora)».
Di seguito, un riassunto dei punti messi a fuoco nei giorni scorsi da parte dei 6 movimenti.
Sì a scuole primarie comunali
Nessuno meglio della comunità locale può promuovere servizi all’infanzia e scuole primarie di prossimità, dove i bambini possano andare a piedi, in edifici belli, ben tenuti e sicuri, con personale scolastico stabile e stabilmente legato al territorio. Ciascuna scuola locale potrà così trovare le proprie soluzioni pratiche per porre fine alle classi “pollaio”, adottare orari più compatibili con i ritmi di vita locali, offrire cibo locale nelle mense scolastiche, avere più risorse e più competenze per una programmazione educativa che dia il giusto peso alla libertà, al movimento, alla creatività, al senso critico, alla conoscenza del territorio, della sua economia, della sua cultura, delle sue lingue locali, della lingua italiana media e di altre lingue medie internazionali.
Sì a scuole medie e superiori più piccole e più vicine
Una gestione regionale delle scuole medie e superiori può assicurare che nessun territorio, nessuna cittadina, nessuna valle siano prive di scuole medie e superiori di riferimento. Non sta scritto da nessuna parte che, per essere qualificanti, le scuole superiori debbano essere grandi alveari.
La regione ente di riferimento dell’avviamento al lavoro
La formazione professionale (compresa la riqualificazione degli adulti) deve essere regionale (o delegata ad autorità ancora più locali) per essere ancorata alle esigenze effettive del territorio e della sua economia locale.
Autonomia e università
Crediamo che ciascuna regione debba ospitare e sostenere sul proprio territorio università e istituti di alta formazione e di ricerca, rispettandone in tutto e per tutto l’autonomia organizzativa e scientifica. L’università è uno strumento insostituibile perché un territorio possa offrire ai propri giovani una prospettiva professionale ma anche per poter attrarre menti brillanti da tutto il mondo, assicurando al tempo stesso il diritto allo studio dei meritevoli, anche se privi di mezzi.
Norme comuni, semplici e rigorose
Poche, semplici, rigorose norme europee e italiane devono garantire una tendenziale omogeneità della formazione erogata e il reciproco riconoscimento delle competenze acquisite.
Concorsi locali e contratti nazionali
L’organizzazione di concorsi locali per il personale della scuola (come già avviene per l’università) potrà consentire alle persone di scegliere non solo un lavoro, ma un territorio in cui sviluppare il proprio progetto di vita. Alle condizioni minime stabilite da contratti nazionali è giusto che possano aggiungersi contratti integrativi locali, perché i costi e le necessità della vita non sono gli stessi nei diversi territori. Non variano solo da una regione all’altra, ma anche da una zona all’altra di uno stesso territorio.
Risorse e solidarietà
Ciascun ente autonomo dovrebbe avere autonomia impositiva per poter finanziare la propria pubblica istruzione, risparmiando sui costi delle burocrazie centrali e ponendo fine ad una impropria austerità. Per noi è evidente che, nel rapporto più diretto tra le scuole e le autorità locali, ci sarà più attenzione, più diligenza, maggior rapidità nel fronteggiare i problemi. Ci deve inoltre essere, come previsto dalla Costituzione, un fondo di solidarietà per sostenere i territori che sono stati impoveriti e desertificati dal centralismo. Ci devono essere anche momenti di coordinamento italiano, europeo e mediterraneo, attraverso i quali le regioni e le istituzioni europee possano promuovere progetti internazionali di ricerca e innovazione.
Apriamo la mente all’autogoverno
Sotto l’odierno stato di caos normativo e oppressione centralista, la Scuola di Barbiana sarebbe stata chiusa e don Lorenzo Milani sarebbe stato messo in prigione. Non si devono temere le peculiarità e le differenze, che sono non solo la nostra ricchezza, ma ciò che ci rende pienamente umani. Entro un quadro europeo che consenta la libera circolazione delle esperienze e delle persone, oltre che la solidarietà concreta fra territori, non si deve temere il cambiamento. Oppure si vuole davvero continuare così?