Bernie Sanders, per 25 anni senatore indipendente per lo stato del Vermont, autodichiarato socialista democratico, oggi candidato alle primarie presidenziali del partito democratico Usa, molto probabilmente non vincerà; troppo grande appare il divario tra i delegati elettivi (che ammonta a 290) e soprattutto non elettivi, i cosiddetti superdelegati, che possono votare come desiderano e ammontano al 15% del totale.
Tuttavia, Bernie Sanders a tutto pensa tranne che a concedere la vittoria alla rivale Hillary Clinton. Sanders infatti afferma di avere ancora una stretta via per la vittoria, consistente in un grande successo nei pochi stati rimasti e soprattutto in California che riesca a metterlo alla pari con la Clinton nel conteggio dei delegati elettivi. In questo modo lui spera di poter convincere alla convenzione democratica di Filadelfia i superdelegati a sostenerlo al posto della rivale. Questa sua convinzione è basata sulle maggiori possibilità che ha, secondo tutti i sondaggi, di sconfiggere Donald Trump rispetto alla Clinton.
Un’altra ragione dichiarata da Sanders per cui è fermo nell’intenzione di andare avanti fino in fondo, è l’intezione e la speranza di influenzare il più possibile in senso progressista alla Convenzione democratica a luglio la piattaforma democratica (quella in cui vengono iscritti i valori e gli obiettivi principali del partito che ogni 4 anni i delegati e i superdelegati delle primarie stilano alla convenzione). Per questo secondo obbiettivo, naturalmente prendere più delegati possibile è fondamentale, a prescindere dalla vittoria nelle primarie.
Bernie Sanders, se non il presente, rappresenta forse il futuro prossimo del partito democratico. Infatti tra le fasce d’età sotto i 40 anni ha vinto pressoché ovunque, anche a New York; ha grande appeal tra gli elettori indipendenti e la sua campagna ha creato un movimento progressista di attivisti infaticabili, spesso giovani ed esperti di comunicazioni, che non si smobiliterà, almeno in parte, alla fine delle primarie ma che continuerà a lavorare per l’elezione di candidati progressisti al Congresso e altrove.
Sembra quindi che se Sanders non prenderà la guida dei democratici Usa come Corbyn del Labour in Gran Bretagna, la sua campagna avrà un impatto duraturo sul partito democratico USA, spostandolo a sinistra.
Il presidente Barack Obama, alla cena annuale dei corrispondenti della Casa Bianca, ha salutato, pur scherzosamente, il lì presente Bernie, come “il nuovo brillante volto del partito democratico”, chiamandolo “comrade”, compagno e complimentandosi per la sua campagna. Si ritiene che Obama sostenga la Clinton e probabilmente è vero, ma niente ci impedisce di ascoltare quelle parole e vedervi qualcosa di più di un saluto umoristico, di vedervi, forse dietro l’angolo, il futuro dei democratici Usa.
Leonardo Panerati