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CNR: alla ricerca del suono perfetto, il caso dei violini di Stradivari

Un esperimento coordinato dal Cnr ha messo a confronto il suono di diversi violini e individuato la combinazione di qualità sonore che rende più gradevole il suono di uno Stradivari. Lo studio è pubblicato su The Journal of the Acoustical Society of America

Cosa rende il suono di un violino preferibile a quello di un altro? Alcuni violini di Stradivari hanno davvero un suono speciale? Per rispondere a queste domande, una squadra multidisciplinare coordinata dal Cnr ha coinvolto 70 liutai in un esperimento di ascolto per valutare le qualità sonore di quattro violini, tra i quali uno Stradivari. I risultati, pubblicati su The Journal of the Acoustical Society of America, suggeriscono che a rendere lo Stradivari il suono preferito sia un particolare equilibrio nelle proprietà del timbro dello strumento.

I violini Stradivari sono riconosciuti in tutto il mondo come un’eccellenza nell’artigianato, un modello per i liutai e un miraggio per collezionisti e musicisti. Tuttavia, diverse ricerche mostrano come violinisti esperti, se bendati, sembrino preferire a questi strumenti dei violini moderni.

L’esperimento ideato da Carlo Andrea Rozzi dell’Istituto nanoscienze del Cnr (Cnr-Nano), Alessandro Voltini della Scuola internazionale di liuteria “A. Stradivari” di Cremona, Fabio Antonacci del Politecnico di Milano, Massimo Nucci e Massimo Grassi del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova (UniPadova), aiuta a chiarire questo apparente paradosso. I ricercatori hanno invitato 70 liutai cremonesi ad analizzare e valutare comparativamente il timbro sonoro di quattro violini – due moderni, uno di fabbrica e uno Stradivari – rispetto al suono di un violino Stradivari di riferimento. Basandosi solamente sull’ascolto di cinque note gli ascoltatori hanno mostrato una spiccata preferenza per un violino in particolare, in questo caso lo Stradivari. I ricercatori hanno poi individuato una sorta di ‘firma’ che distingue il suono del violino preferito da quelli considerati meno piacevoli. “Grazie ad un’analisi approfondita delle descrizioni fornite dagli ascoltatori e a misure vibro-acustiche effettuate sugli strumenti siamo stati in grado di descrivere il suono preferito come quello che ha un particolare bilanciamento di ‘apertura’, ‘chiarezza’ e ‘nasalità’”, chiarisce Carlo Andrea Rozzi di Cnr-Nano, primo autore dello studio.

“Si tratta di un esperimento di ascolto in doppio cieco, ovvero condotto senza che gli ascoltatori e noi sperimentatori sapessimo quale violino stesse suonando al momento dell’ascolto”, spiega Massimo Grassi di UniPadova. “Abbiamo usato uno stimolo sonoro molto semplice, la scala musicale, in modo che i giudizi fossero guidati solo dal timbro del violino e non da altri fattori come la ‘simpatia/antipatia’ per un particolare brano suonato”.

“Stabilire quali aspetti del suono contribuiscono a rendere piacevole il timbro di uno strumento è importante per la liuteria”, sottolinea Fabio Antonacci del Politecnico di Milano,  “in quanto apre la strada alla realizzazione di strumenti con proprietà timbriche desiderate. Le misure vibratorie effettuate su questi violini hanno anche lo scopo di costruire, in prospettiva, un repository di dati che permetta di stimare la relazione tra i modi di vibrare dello strumento ed il timbro”.

“I risultati suggeriscono che non tutti gli strumenti sono creati uguali, indipendentemente dal fatto che siano stati costruiti da Stradivari, ma piuttosto che nel timbro di uno strumento è possibile trovare qualità che lo rendono più apprezzato dagli ascoltatori”, aggiunge il ricercatore di Cnr-Nano.

L’esperimento è stato condotto nel segno dell’eccellenza: grazie alla disponibilità del Comune di Cremona i ricercatori hanno avuto a disposizione violini della collezione Storica del Museo del Violino di Cremona e l’ottima acustica della sala dell’Auditorium per le prove di ascolto. “La partecipazione numerosa e attenta di maestri liutai e studenti della Scuola Internazionale di Liuteria ci ha permesso di ottenere dati molto affidabili”, conclude Rozzi.

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