I risultati pubblicati sul Journal of Experimental & Clinical Cancer Research, di una ricerca condotta all’Istituto di genetica e biofisica “Adriano Buzzati Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli, mostrano che una nuova popolazione di cellule staminali tumorali è coinvolta nella formazione delle metastasi epatiche. Lo studio è stato sostenuto dalla Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e dalla Fondazione italiana per la ricerca sulle malattie del pancreas (FIMP)
Il cancro al pancreas (PC) è una malattia ancora difficile da curare e nella maggior parte dei casi la morte dei pazienti è dovuta alla formazione di metastasi. La diagnosi è spesso tardiva, poiché il tumore non dà sintomi, e in molti pazienti tale tumore resiste alle chemioterapie, verosimilmente anche a causa di una sottopopolazione cellulare tumorale con caratteristiche di staminalità: queste cellule sono in grado di rigenerare il tumore stesso e di adattarsi a modificazioni dell’ambiente circostante, come la presenza di farmaci o la scarsità di risorse vitali. L’individuazione di nuovi biomarcatori e l’utilizzo di trattamenti più efficaci e specifici sono dunque una priorità per il trattamento più efficace di questa malattia.
Un gruppo di ricerca dell’Istituto di genetica e biofisica “Adriano Buzzati Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igb) di Napoli, coordinato da Enza Lonardo, ha condotto uno studio i cui risultati sono stato pubblicati sul Journal of Experimental & Clinical Cancer Research. I dati ottenuti hanno portato all’identificazione di una sottopopolazione di cellule staminali tumorali altamente metastatica e caratterizzata dall’espressione della proteina LAMC2. “La presenza di questa proteina favorisce la migrazione delle cellule tumorali in organi secondari e ne incrementa il potenziale di staminalità, rendendole altamente resistenti ai trattamenti chemioterapici e favorendo l’insorgenza di metastasi, in particolare nel fegato”, spiega Lonardo.
Lo studio ha permesso di identificare un meccanismo molecolare alla base dell’elevata espressione di questo marcatore. Si tratta di una proteina assente nelle cellule del pancreas normale e invece presente e attiva in cellule tumorali che risiedono in un microambiente ricco della molecola TGFbeta1. “La presenza di TGFbeta1 induce l’espressione di LAMC2, promuovendo così l’insorgenza di un cancro più aggressivo, che risponde meno alle terapie farmacologiche convenzionali”, aggiunge la ricercatrice. “Abbiamo osservato però che il trattamento dei tumori con il farmaco vactosertib, un nuovo inibitore del recettore del TGFbeta1, potenzia l’effetto del chemioterapico gemcitabina portando a una completa eliminazione delle cellule LAMC2 positive e a una drastica riduzione delle metastasi epatiche”.
L’incidenza e la mortalità del cancro al pancreas sono in forte aumento: si prevede che tale patologia diventerà la seconda causa di morte per cancro entro il 2030. Secondo i dati dell’Associazione italiana registri tumori (AIRTUM) e dell’Associazione italiana di oncologia medica (AIOM), nel 2019 in Italia sono stati diagnosticati circa 13.500 nuovi casi.
La scoperta potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci in grado di agire in modo specifico sia sulla riduzione diretta dell’espressione di LAMC2, sia in maniera indiretta sul microambiente tumorale, influendo sulla via di segnalazione mediata dal TGFbeta1. “Tali nuovi approcci potrebbero avere importanti implicazioni cliniche al fine di ridurre il potenziale tumorigenico delle cellule e, di conseguenza, di contrastare le recidive e la formazione di metastasi. La ricerca, inoltre, apre la strada a nuovi approcci terapeutici volti all’eliminazione selettiva della popolazione tumorale, colpendo LAMC2”, conclude Lonardo.
Lo studio è stato possibile grazie al sostegno della Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e alla Fondazione italiana per la ricerca sulle malattie del pancreas (FIMP).