«Sul cibo, molto rumore per nulla»
«Questa Cop era già partita sotto i peggiori auspici. La scelta paradossale di riunire 195 stati negli Emirati Arabi, uno dei principali paesi produttori di petrolio, e di dare al ministro Sultan Al Jaber, che dirige l’azienda petrolifera statale, la presidenza di una conferenza decisiva per invertire una rotta che sta portando al collasso climatico, fin dall’inizio è stato un pessimo segnale politico. Avevamo colto un aspetto positivo – il sistema alimentare per la prima volta al centro delle riflessioni – ma le conclusioni non lo hanno confermato» commenta Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia. «Le aspettative legate alla Dichiarazione degli Emirati sull’agricoltura sostenibile, firmata da oltre 150 Stati, al lavoro di Sharm el-Sheikh sull’agricoltura e la sicurezza alimentare e alla roadmap della FAO, sono state deluse dalla mancanza di obiettivi concreti e vincolanti e dall’influenza dei grandi produttori del settore agricolo, principali responsabili delle emissioni di Co2». Dopo lunghi negoziati, per la prima volta sono stati citati nel documento finale i combustibili fossili, ma l’accordo sulla transizione verso la neutralità carbonica è zeppo di scappatoie e permetterà ai Paesi di non muoversi con la velocità necessaria per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C.«La cosa più deludente è che, come ci aspettavamo, l’agroecologia non è emersa come elemento chiave e potenziale soluzione per cambiare il sistema alimentare e combattere il cambiamento climatico. Si è discusso molto di fonti energetiche alternative, ma, ancora una volta, non si è messo in discussione il modello attuale di sviluppo, produzione e consumo» continua Nappini. Ancora una volta, la Cop28 ha dimostrato come questi incontri globali non guardino al futuro della nostra vita sul pianeta e della nostra salute, ma siano in balìa degli interessi delle multinazionali. «Fortunatamente, le amministrazioni locali e la società civile stanno compiendo passi più concreti per affrontare le sfide quotidiane legate alla crisi climatica e alla perdita di biodiversità. Il futuro è nelle mani delle comunità e della collaborazione fra chi è realmente interessato alla transizione verso la sostenibilità» conclude Nappini. |
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